La collina della nostalgia
Era sera. Il buio, fuori dalla finestra del suo appartamento nel centro dell’Europa, era silenzioso e quasi irreale. Sullo schermo del computer scorrevano fotografie in sequenza casuale. Non si accorse subito della nostalgia che stava per attanagliarle lo stomaco. Continuava a guardare, distratta, mentre programmava il lavoro per la mattina successiva e pianificava la giornata.
Le immagini scorrevano, una dopo l’altra.Una in particolare, però, catturò la sua attenzione: era la collina dei cerasi, quell’unico vero luogo che per lei era diventato paesaggio. Ed ecco, improvvisa e dominante, la sinestesia: i colori impastarono sensazioni tattili, un profumo prepotente aprì la strada ai ricordi, prima confusi, poi sempre più nitidi. Le sembrava di sentirlo, quel rumore delle spighe di grano quando soffia un vento leggero, in un pomeriggio di fine estate. Le sembrava di sentire l’odore, intenso, dei campi di patate appena annaffiati. Così, senza opporre resistenza alla mente, che la conduceva per mano per i sentieri della sua più intensa felicità, si ritrovò bambina, serenamente coccolata dalle morbide curve del suo altipiano e da quel cielo azzurro, che sembra ancora più azzurro quando, distesa sul prato, lo vedi a tratti tra il verde intenso dei rami di pino.
Quella bambina, con gli occhi grandi, le palpebre spalancate e le sopracciglia tenute all’insù, quella bambina con le guance arrossate dalle corse in mezzo all’erba alta e pungente, quella bambina che lei era stata e che adesso le sorrideva, la accompagnava oltre il ponte sul ruscello da cui partivano le sue avventure settembrine, quando è ancora estate e la scuola non ha ancora monopolizzato il tempo e la curiosità.
Con gli occhi chiusi, ripercorse con lei il sentiero in salita, assaggiò fragoline di bosco appena colte nel sottobosco, e ciliegie rubate sugli alberi vicino a Torre Camigliati. In un tempo senza tempo, in una stagione che le comprendeva tutte, vide il verde delle foglie trasformarsi in sfumature di rosso, sentì l’odore intenso dei funghi sotto la pioggia, attraversò quello stesso sentiero innevato con le ciaspole ai piedi e lo rivide quando, tra le chiazze di neve gelata, qualche croco preannuncia la primavera. Si sedette sulla cima della collina, appoggiando la schiena al tronco di uno degli alberi in prima fila davanti al campo in discesa. Da lì poteva vedere la sua casa: la mamma stendeva al sole tessuti che avrebbe trasformato in arte, il papà racchiudeva la poesia nel profumo dei salumi.
Rimase a contemplare quelle eterne ripetizioni per qualche minuto. Poi si accorse delle foto che continuavano a scorrere, del buio e del magico silenzio di quella serata, una come tante. In fondo – pensò – la nostalgia è un privilegio. Come guardare la tua casa dalla collina dei cerasi.
Le immagini scorrevano, una dopo l’altra.Una in particolare, però, catturò la sua attenzione: era la collina dei cerasi, quell’unico vero luogo che per lei era diventato paesaggio. Ed ecco, improvvisa e dominante, la sinestesia: i colori impastarono sensazioni tattili, un profumo prepotente aprì la strada ai ricordi, prima confusi, poi sempre più nitidi. Le sembrava di sentirlo, quel rumore delle spighe di grano quando soffia un vento leggero, in un pomeriggio di fine estate. Le sembrava di sentire l’odore, intenso, dei campi di patate appena annaffiati. Così, senza opporre resistenza alla mente, che la conduceva per mano per i sentieri della sua più intensa felicità, si ritrovò bambina, serenamente coccolata dalle morbide curve del suo altipiano e da quel cielo azzurro, che sembra ancora più azzurro quando, distesa sul prato, lo vedi a tratti tra il verde intenso dei rami di pino.
Quella bambina, con gli occhi grandi, le palpebre spalancate e le sopracciglia tenute all’insù, quella bambina con le guance arrossate dalle corse in mezzo all’erba alta e pungente, quella bambina che lei era stata e che adesso le sorrideva, la accompagnava oltre il ponte sul ruscello da cui partivano le sue avventure settembrine, quando è ancora estate e la scuola non ha ancora monopolizzato il tempo e la curiosità.
Con gli occhi chiusi, ripercorse con lei il sentiero in salita, assaggiò fragoline di bosco appena colte nel sottobosco, e ciliegie rubate sugli alberi vicino a Torre Camigliati. In un tempo senza tempo, in una stagione che le comprendeva tutte, vide il verde delle foglie trasformarsi in sfumature di rosso, sentì l’odore intenso dei funghi sotto la pioggia, attraversò quello stesso sentiero innevato con le ciaspole ai piedi e lo rivide quando, tra le chiazze di neve gelata, qualche croco preannuncia la primavera. Si sedette sulla cima della collina, appoggiando la schiena al tronco di uno degli alberi in prima fila davanti al campo in discesa. Da lì poteva vedere la sua casa: la mamma stendeva al sole tessuti che avrebbe trasformato in arte, il papà racchiudeva la poesia nel profumo dei salumi.
Rimase a contemplare quelle eterne ripetizioni per qualche minuto. Poi si accorse delle foto che continuavano a scorrere, del buio e del magico silenzio di quella serata, una come tante. In fondo – pensò – la nostalgia è un privilegio. Come guardare la tua casa dalla collina dei cerasi.
Maria Jennifer Falcone