Angoscia, disperazione e smarrimento sono alcuni dei sentimenti negativi ad aver condizionato la vita di Edvard Munch, scandita dalla pittura e dal malessere che tentava di esorcizzare tramite essa.
L’urlo è la somma di tutti questi sentimenti che travalicano il singolo e diventano collettivi: non riguarda, infatti, soltanto Munch ma abbraccia un soggetto molto più grande, ossia l’intera umanità.
La figura al centro – deformata e spettrale – diventa un simulacro dell’essere umano simboleggiato in tutta la sua fragilità e decadenza, come spesso accadeva in virtù del diffuso pessimismo nel movimento “Fin de siècle” che accomunava molte personalità dalla spiccata sensibilità artistica e culturale.
L’urlo emesso dalla figura al centro racchiude quindi tutto il male di vivere che accomuna le persone di ogni luogo e dal quale Munch si sente particolarmente afflitto.
Inoltre, vi è un netto distaccamento tra due gruppi di figure.
Il primo al centro raccoglie il soggetto e il paesaggio circostante, preda di questo urlo disumano e tutti gli oscuri sentimenti che racchiude. L’Uomo e la Natura quindi corrono sugli stessi sconfortanti binari. Le due figure sullo sfondo, invece, non vengono afflitte da quanto sta accadendo e sembrano addirittura dirigersi al di fuori della cornice e, per esteso, del momento.
L’indifferenza delle persone e l’estrema solitudine dei singoli vengono comunicati allo spettatore con un impatto dirompente e inevitabile.