Il territorio longobucchese in prevalenza è di natura montuosa con alberi d’alto fusto, come castagni, pini, faggi.
I tagli boschivi erano effettuati dalla primavera all’autunno. Nei primi anni del dopoguerra, questa era una delle industrie più fiorenti perché il legname era utile per la costruzione delle case, per il riscaldamento e per i mobili.
Il taglio del legname era fatto con seghe poco comode, dove era necessaria la presenza di più persone perché era fatto tutto con le sole braccia e il lavoro era faticoso e pesante.
I segantini per la mancanza di mezzi di trasporto rimanevano in Sila per 15-20 giorni e anche un mese. Essi ritornavano al paese per rivedere la famiglia uno o due giorni, per poi approvvigionarsi e ritornare al lavoro nei boschi.
Il legname che serviva per ardere era portato in paese e utilizzato nei caminetti. Quello per la lavorazione era trasportato dai boschi sulla strada con buoi e teleferiche. Il trasporto era difficoltoso, perché allora esistevano pochissimi automezzi e, quando questi non funzionavano, i tronchi dovevano essere portati verso il mare attraverso il fiume Trionto per essere poi caricati sui treni merce. I segantini si recavano in Sila per i tagli dei boschi anche nei rigidi inverni, avventurandosi a piedi sulla neve con le racchette (“circhi”). Vivevano in baracche costruite dagli stessi con il materiale di risulta degli alberi lavorati (“cozze”). Per tagliare la legna si usavano strumenti diversi, come la sega a mano, l’ascia e i cosiddetti “cugni”. Ma nonostante tutto il lavoro era svolto con precisione.
Dopo la “martellata” (l’individuazione delle piante da abbattere) e prima di procedere al taglio, si misurava il diametro dei tronchi con lo “squadro”, comunemente chiamato anche calibro. Si adoperava posizionandolo normalmente al centro del tronco oppure effettuando due misurazioni e moltiplicando il diametro per la lunghezza del tronco. Il legname era scortecciato con la raspa o con l’accetta.
Il mestiere del taglialegna è forse uno dei più antichi e anche oggi si continua a tagliar legna, vendendola per uso domestico o industriale. Sebbene, ai nostri tempi, questo mestiere sia molto faticoso, anticamente lo era ancor di più perché tutto era fatto manualmente e senza l’ausilio dei moderni mezzi meccanici. Riportiamo l’intervista fatta al signor Antonio Lepera che appartiene a una delle famiglie di boscaioli più antiche di Longobucco.
Il signor Antonio Lepera ha 47 anni e abita a Longobucco dove svolge il lavoro di collaboratore scolastico. Il lavoro di boscaiolo lo ha affascinato sin da ragazzo, quando suo nonno, e poi suo padre, lo portavano in giro per le foreste e gli insegnavano i nomi degli alberi.
Da allora il bosco è molto cambiato, la mano dell’uomo ha distrutto molte cose. Quella che non è mutata è la passione con cui Antonio ama il bosco e la montagna.
Un tempo, nel tagliare gli alberi si era molto attenti a non sciupare il terreno, si osservavano gli animali, nei loro gesti, e si aveva rispetto per loro e per tutta la natura.
Oggi non è più così.
Non bisogna mai dimenticare le parole del Presidente Carlo Azeglio Ciampi:
“Prendersi cura della natura significa prendersi cura di noi stessi”
Anna Pia e Sara hanno rivolto ad Antonio alcune domande:
Quale attività svolgeva da ragazzo nel bosco?
Aiutavo mio padre a tagliare gli alberi e ripulirei boschi, senza però distruggere la natura.
Era/è un lavoro duro?
Ricordo che era e penso ancora sia un lavoro molto pesante e pericoloso
Il bosco ha dei vincoli di protezione?
Certo. E’ tutto certificato dalla delibera del Corpo Forestale dello Stato che assicura la salvaguardia dei boschi e la ricrescita degli alberi più giovani.
Che cosa significa per lei conoscere un bosco?
Vuol dire stare in contatto con la natura e apprezzarne le qualità
Quali animali si incontrano?
Soprattutto scoiattoli, quelli neri della Sila, sono bellissimi; da ammirare specialmente quando saltano da un albero all’altro, oppure quando rodono le pigne dei pini. Incontriamo pure qualche lepre, poche perché sono in via d’estinzione a causa dei pesticidi che usano nei campi di patate; e ancora cinghiali, volpi e a volte il lupo.
Quanti alberi si riescono a tagliare in un giorno e quanti se ne piantano?
Dipende da com’è situato il terreno. Se è una zona folta, due bravi boscaioli riescono a tagliare circa 150 q. Gli alberi nascono in modo naturale e spontaneo; altri sono piantati dall’uomo per rimboschire le zone con scarsa vegetazione.
Com’era il bosco quando lei era ragazzino?
Il bosco è cambiato tanto da allora, in peggio purtroppo. Un tempo lo smacchio del legname era fatto solo ed esclusivamente per mezzo di animali, buoi, muli o cavalli. Oggi purtroppo si sta verificando un fenomeno in crescita che è quello delle ruspette con il verricello che quando passano provocano danni.
Per fortuna nelle nostre zone gli alberi non sono in via di estinzione, anche se ultimamente c’è stato un po’ d’accanimento contro querce e lecci, ma questi rinascono di nuovo dal ceppo.
Per quanto riguarda gli animali è la lepre che sta scomparendo per via dei molti medicinali usati nell’agricoltura.