Ciao lettori!
Oggi voglio presentarvi un libro che è diventato sin dalle prime pagine uno dei miei preferiti, non solo delle letture del 2020, ma in generale.
Inizialmente avevo un po’ di paura ad aprire questo libro, per il suo contenuto, per il caso trattato tra le sue pagine, ma qualcosa mi attirava. Non so bene cosa fosse, ma quando sfioravo la copertina sentivo un’urgenza provata poche volte.
Con il senno di poi posso dire che ho fatto bene. Ne sono uscita particolarmente provata, e ancora oggi, sento un peso sul cuore che non se ne va. È una sensazione strana, provo tante emozioni dentro di me: dispiacere, tristezza, compassione, rabbia, indignazione, paura, terrore…
Questo libro mi ha un po’ cambiata, mi ha aperto gli occhi, mi ha spaventata, mi ha svuotata, mi ha lasciata con l’amaro in bocca, mi ha fatto male, mi ha messo in guardia, ha fatto tante cose.
Lo so, a presentarlo così non verrebbe voglia di leggerlo, impaurisce, ma rifletteteci: qual è il compito di un libro se non quello di sconvolgerci completamente, aprirci la mente, porre domande, non lasciarci indifferenti? Il compito di un buon libro è quello di lasciare il segno, e Nicola Lagioia è riuscito a fare tutto ciò.
L’autore tra queste pagine ripercorre uno dei casi di cronaca nera più discussi in Italia.
Nel marzo del 2016, a Roma in via Igino Giordani, Manuel Foffo e Marco Prato uccidono Luca Varani, con coltello e martello (mi dispiace, non c’è un modo più gentile per dirlo). Manuel e Marco trascorrono giorni a bere, fumare, a tirare cocaina, a invitare gente perché avevano la necessità di qualcuno che stemperasse un po’ l’aria e la tensione – ma che prontamente si allontanava dall’appartamento allarmati da una strana aria che aleggiava tra i due – fino a quando è arrivato Luca. Lui no, non se n’è andato, o forse non aveva capito in che macabra dimensione di complicità avesse portato la coca quei due ragazzi. No, Luca è rimasto lì, e da via Igino Giordani non è andato più via vivo.
Nicola Lagioia ripercorre il caso, la vita dei ragazzi, indaga, intervista amici, parenti, conoscenti. Lo fa con estrema delicatezza trattando con la giusta sensibilità le parti più dure, ma senza tralasciare nulla perché per tentare di comprendere cosa è scattato nella mente di questi ragazzi è fondamentale conoscere quanto accaduto. E a mio avviso lo fa con una scrittura eccezionale, lineare, pulita, leggera e tagliente allo stesso tempo, con il massimo rispetto per tutte le parti coinvolte.
Manuel Foffo, vive nell’appartamento in cui è stato commesso l’omicidio, sopra quello della madre. I genitori sono separati, il padre ha diversi ristoranti a Roma, e un fratello, Roberto, che lavora con il padre. Manuel studia, ma è particolarmente dedito al progetto di una star up.
Marco Prato, figlio di Ledo Prato persona rispettata e distinta, fa il pr, organizza eventi importanti, è conosciuto, è omosessuale. Il rapporto con le figure femminili della sua famiglia non è dei migliori, sente la mancanza dell’accettazione di sua madre, ma ha un padre che lo sostiene e lo appoggia nelle sue scelte. Marco ha tentato il suicidio più di una volta.
Luca Varani, ha 23 anni nel 2016. È figlio di venditori ambulanti di dolciumi, lavora in un’officina, quando può aiuta il padre nel suo lavoro, ha una ragazza con cui sta insieme da una vita, Marta Gaia. È sempre a corto di soldi che vorrebbe utilizzare per riempire la sua fidanzata di regali e portarla a cena. Luca ha il vizio delle “macchinette”. Luca ha una doppia vita. Luca per racimolare qualche soldo in più talvolta si lascia invitare, o si invita, a qualche “festa” e si prostituisce.
Manuel e Marco, per chissà quale scherzo del destino, si sono incontrati. Manuel e Marco si sono chiusi in casa, hanno fatto uso di sostanze stupefacenti. Manuel e Marco sono entrati in uno stato di estraneità dalla realtà; sono entrati in una realtà nuova, diversa, malata, dove non esistono freni, regole, il bene e il male, il giusto e lo sbagliato. Manuel e Marco si sono fusi dando vita ad una nuova personalità che si nutre solo dei dolori e delle delusioni. Manuel e Marco. Uno più debole, incapace di ritrarsi, l’altro più manipolativo. Manuel e Marco hanno preso Luca.
Quello che più mi fa arrabbiare è come questi due ragazzi si siano trincerati dietro la mancanza di affetto da parte della propria famiglia. Ma dai! Chi ha una famiglia perfetta??? Eravate tutti e tre ragazzi normali, figli di famiglie normali. Ci sono così tanti figli vittime in tutti i sensi dei propri genitori.
Ma io non sono nessuno per giudicare quanto dolore possa crescere dentro una persona; quanto una carezza mancata, un’incomprensione, l’indifferenza, possano creare una voragine nel petto tale da smorzare il respiro e non dare ragioni per vivere.
Ma uccidere no, questo non ha giustificazioni. Potevate fare tutti così tante cose belle…
Alla fine restano due morti (Marco si è suicidato), un colpevole in carcere che ha continuato a preoccuparsi di essere ricordato come gay (ma davvero Manuel credi che a qualcuno importi che tu sia eterosessuale o omossessuale? Io piuttosto vorrei poter riavvolgere il tempo e tirarti una serie di ceffoni nel momento in cui hai scritto a Marco), tre famiglie distrutte.
Mi fa paura il fatto di esser arrivata ad un certo punto a non distinguere il confine tra vittima e carnefice. “L’omicidio getta su vittima e carnefice la sua luce, ed è sempre una luce parziale, una luce perversa, l’omicidio è il male e il male è il narratore della storia. L’omicidio getta luce su se stesso per lasciare in ombra il resto, affinché vittima e carnefice si confondano nell’eccezionalità dell’accaduto”.
Sono tante le cose che vorrei dire, ma la maggior parte restano soffocate nella gola. È come se non avessi il fiato per farle uscire fuori tanto è la rabbia, lo sgomento, l’incredulità.
Ammetto che dopo aver letto “La città dei vivi” mi sono anche un po’ vergognata di non aver ricordato questo caso. Ho subito pensato “cavolo ma come hai fatto a dimenticare un episodio del genere, a farlo scivolare, a metterlo lì nel dimenticatoio, e a non essere scossa allora più di oggi?”.
Non lo so. Forse in quel momento ero scossa e presa da chissà quale problema della mia vita da non preoccuparmi per quanto accadeva in altri luoghi, e parliamoci chiaro non solo a Roma, perché una cosa del genere può accadere ovunque. Perché di droga ne è pieno il mondo; perché di problemi con i genitori ne è altrettanto pieno il mondo; perché i festini si fanno ovunque; perché ormai viviamo in una società caotica, con modelli di riferimento privi di fondamenta; perché viviamo in un modo dove l’esagerazione, l’esasperazione, l’eccesso e l’apparenza sono le uniche unità di misura accettate, più importanti di un sorriso, di un abbraccio, di una carezza, di gambe a penzoloni su un muretto e di pacche sulla spalla.
Sono indignata? Si!
Sono dispiaciuta? Si!
Sono arrabbiata? Si!
Nicola Lagioia in questo romanzo fa tanto altro. Parla di Roma, di una città invasa da topi, gabbiani, spazzatura e caos, ma che nonostante tutto pullula di vita.
Nicola Lagioia tra queste pagine si racconta. Lui che è stato particolarmente toccato da questo caso perché ad un certo punto si è rivisto ragazzino: il divorzio dei genitori, un paesino piccolo e bigotto che disprezzava simili risoluzioni, l’alcool, il sentirsi perso, il rischio, la rovina, la fuga, la mancanza di lavoro, le soluzioni alternative per guadagnarsi da vivere… la resistenza e la vittoria. Nicola Lagioia è l’esempio di chi ha avuto la forza (non è fortuna, tu sei stato proprio forte) di resistere, capire che i problemi della famiglia sono una cosa e la tua vita è un’altra, e quindi cambiare il proprio destino. “Quando ho imputato i miei problemi giovanili al divorzio dei miei ho dato una versione parziale delle cose. Il dolore, a volte, è solo il pretesto per dare sfogo alla propria personale imbecillità, o al narcisismo più sfrenato”.
Vorrei tanto che questo libro lo leggessero tutti, anche i ragazzini, per quanto doloroso sia, anzi forse proprio per questo, per far capire che “una botta” non rende la tua vita più leggera e priva di dolori, piuttosto da il colpo di grazia, che “è sempre: ti prego, fa’ che non succeda a me. E mai: ti prego, fa’ che non sia io a farlo”.
Ester
Autore: Nicola Lagioia | Casa editrice: Einaudi | Anno di pubblicazione: 2020