Dante Alighieri, nella Divina Commedia – Canto XII del Paradiso – lo definì “lo calavrese di spirito profetico dotato”.
Gioacchino da Fiore era questo, ma anche tanto altro. Nato a Celico intorno al 1130, terminati gli studi a Cosenza, lavorò nella città bruzia per qualche anno, per poi trasferirsi a Palermo, prima alla Corte Normanna e, successivamente, presso il Cancelliere di Palermo, l’Arcivescovo Stefano di Perche. I suoi contrasti con quest’ultimo, lo portarono in Terrasanta, dove visitò i luoghi della nascita e della predicazione di Cristo. Diventò frate cistercense nel monastero di Santa Maria di Corazzo e in seguito, nel 1177, fu nominato abate. Restò abate di Corazzo per una decina di anni, in cui compilò molte delle sue opere teologiche. Gioacchino viaggiava molto per le sue ricerche, restando per lunghissimi periodi lontano dal monastero, così, nel 1188, il papa lo sollevò dall’incarico di abate e il centro fu annesso all’abbazia di Fossanova. Dopo un ritiro di meditazione sulla Sila, in una località a pochi chilometri da San Giovanni in Fiore, con alcuni seguaci costituì l’ordine, poi detto florense, approvato con una bolla del 1196 da Celestino III.
Proprio sulla vita del monaco e intellettuale cistercense, tra i personaggi più studiati in tutto il mondo, è stato pensato un percorso spirituale e naturale per turisti e fedeli, che unisce il mar Tirreno con il Parco Naturale della Sila. Un affascinante “Cammino di Santiago di Compostela” in versione calabrese, che parte da Lamezia Terme, nel catanzarese e, seguendo i passi di Gioacchino, raggiunge San Giovanni in Fiore in provincia di Cosenza. Un viaggio che miscela i magnifici luoghi che si pregiarono della presenza dell’abate con i gustosi e inimitabili prodotti della gastronomia calabrese.
Si parte dalla chiesa di Santa Maria Verdana di Nicastro, il cui interno, in contrasto con la semplicità dell’esterno, lascia a bocca aperta i visitatori, con il dipinto della Madonna di Costantinopoli – raffigurata fra Santa Domenica e Sant’Eligio – ad attirare maggiormente l’attenzione. Secondo la leggenda, la chiesa fu edificata per volere della stessa Madonna che apparve in sogno a una figlia di Federico II di Svevia.
Da Nicastro si va poi in direzione del borgo di Carlopoli, dove, a contatto con le caratteristiche viuzze e le piazze del piccolo borgo montano della Sila piccola, si ha subito la sensazione di essere stati sbalzati indietro nel tempo. È proprio a Carlopoli che si possono trovare i ruderi dell’Abbazia di Corazzo, talmente affascinanti da lasciare a bocca aperta ogni genere di visitatore. Il monastero benedettino, come già anticipato, fu una tappa fondamentale della vita di Gioacchino da Fiore. L’influsso del monaco celichese permise a Corazzo di diventare un centro ricco e fiorente, promotore di cultura e spiritualità. Successivamente, nel XIV secolo, guerre e carestie segnarono una battuta d’arresto per l’accrescimento delle risorse dell’abbazia, fino a quando nel secolo successivo Corazzo, come tutti i monasteri, si trovò a perdere la maggior parte delle ricchezze a causa dell’introduzione del sistema delle cosiddette “commende” in favore dei potentati locali. Alcune fonti ci raccontano che anche il filosofo cosentino Bernardino Telesio fu affascinato dalla bellezza di quei luoghi e attirato dalla ricchezza della biblioteca dell’abbazia tanto che vi dimorò diversi anni, lasciandosi ispirare dalla magica aria che si respira ancora oggi.
Abbandonato Corazzo, il percorso prosegue tra la natura e attraversando diversi centri silani, fino a Bocca di Piazza frazione del comune di Parenti. Si giunge poi a Lorica, una delle località turistiche più conosciute della Sila Grande. Il lago Arvo, che offre un panorama mozzafiato, è incastonato tra Monte Botte Donato (la cima più elevata dell’altopiano della Sila con i suoi 1928 metri) e il Montenero.
L’ultima tappa porta a San Giovanni in Fiore, il paese più importante dell’intera Sila. Qui sorge l’Abbazia Florense, edificata dopo la morte di Gioacchino. Si tratta di uno degli edifici più imponenti e importanti dell’intera regione. Costruito a partire dal 1215, dopo che un incendio distrusse la prima costruzione voluta dal monaco in località “Iure Vetere”, è situato nel centro storico del paese. La facciata conserva lo stile semplice e povero di decorazioni, a eccezione del portone. L’ingresso è più elevato rispetto all’unica navata. La facciata principale è sprovvista di rosone che è spostato nella facciata opposta. Quello centrale è circondato da altri tre più piccoli disposti a formare un triangolo. Questa composizione potrebbe essere un chiaro richiamo alla Santissima Trinità. L’interno austero e spoglio è espressione dell’influenza cistercense. Nella cripta, in corrispondenza dell’altare, si trova un’urna che contiene le spoglie del monaco. Nel locale a sinistra dell’altare, si possono ammirare le tavole del “Liber Figurarum”.
Dunque, un itinerario emozionante, che unisce cultura e religione, lasciando sorpresi persino i turisti più diffidenti che tendono a raggiungere la Calabria solo per rinfrescarsi con un tuffo al mare.
Francesco Veltri