Frequento Matera da sempre. L’ho vista sola e fredda d’inverno e rovente e affollata d’estate. Ci vado 4/5 volte all’anno o più. Ci vado perché sento una appartenenza, i luoghi/non luoghi di Matera li ho sempre sentiti miei. Quando arrivo e guardo la Gravina sento lo stesso brivido che si ha nel mordere un limone. Andavo ogni estate a visitare le mostre nelle grotte rupestri, ogni anno uno scultore internazionale che alla fine lasciava un’opera alla città, al museo della scultura (unico in Italia).
Lì ho mangiato e scoperto i ceci neri e un cibo d’altri tempi (comfort food, come si chiama oggi). Ho visto locali nascere, ho parlato con giovani pronti ad aprire nuove attività, ho visto hotel sempre più accoglienti. Ero nella piazza di San Pietro caveoso quando si festeggiò la candidatura come città della cultura. Carnevali, Natali, Pasque. Negli ultimi due anni è sempre più un cambiamento. Con egoismo dico anche che mi dispiace la confusione che aumenta sempre di più, perché Matera la vivo come un silenzioso rifugio.