Oggi voglio tenervi compagnia con una profonda lettera. Attenzione, non è una delle solite epistole tutte cuori, amore e fiori. È qualcosa di assolutamente diverso, che merita di essere raccontato.
Uliveti, alberi secolari, legno e pietra. Se dovessi riassumere la mia visita ad Oliveto Lucano queste sarebbero le parole chiave. Ho scoperto questo interessante paesino durante la mia visita alla Capitale culturale d’Europa Matera perché sono uno che ama visitare anche i posti vicini e la mia scelta è ricaduta su Oliveto Lucano perché ho scoperto essere uno degli otto centri abitati lucani a compiere un rito arboreo. Che significa? Significa che qui l’albero è talmente sacro da essere messo al centro di una festa che si tiene ad agosto e io, da amante della natura, non potevo e non volevo mancare a questo matrimonio. Il “Maggio Olivetese”, così si chiama il rito, si tiene ad agosto e vede protagonisti come sposi un cerro e la cima di agrifoglio che vengono presi dalla foresta di Gallipoli Cognato, nel cui Parco naturale si trova Oliveto. Fra queste che sono definite anche come le Piccole Dolomiti lucane ci viene tagliato il cerro durante la prima domenica d’agosto mentre l’agrifoglio viene reciso il 10 agosto. Gli alberi vengono scesi giù per i sentieri dalle persone fra canti, balli, cibo e buon vino finché non si incontrano sulla “via del Maggio” dove viene innestato il cerro sotto lo sguardo dell’amatissimo San Rocco. Tutto intorno è festa di popolo e di natura. Sì perché la natura è fondamentale per Olivero Lucano, basti pensare che è da qui che partono molti sentieri che ci conducono alle escursioni sul Monte Croccia e che, per via della sua appartenenza al Parco di Gallipoli Cognato, è una delle cinque “Città natura”. Arrivati qui si può cogliere l’occasione di fare qualche esperienza escursionistica con il “Lucania Outdoor Park”. E poi l’amore per la natura qui lo si vede per le grandi distese di uliveti che, non a caso, danno il nome al paese. È grazie all’olio che gran parte della popolazione vive e, quando ti fermi a mangiare da qualche parte qui, ne assapori il suo sapore genuino. L’occhio viene colto anche dalle lavorazioni in pietra che caratterizza le abitazioni che ti fanno sembrare di essere in una piccolissima Matera. Case abbellite da questi portoni mescolati a legno con la pietra lavorata. È solo venendo qui ad Oliveto Lucano che uno si rende conto del mix fra uliveti, alberi secolari, legno e pietra. E io ve lo consiglio.
Ne avevamo parlato quasi un anno fa, in occasione di una gita mordi e fuggi attraverso i Sassi e le case grotta visitate. Ne torniamo a parlare oggi, a marzo 2019 ovvero al terzo mese di questo anno magico per Matera, Capitale europea della Cultura e patrimonio Unesco. Lo facciamo però da una diversa prospettiva, in notturna, cogliendone alcune sfaccettature inedite della città dei Sassi illuminata quasi a mo’ di presepe.
Cala la sera, fa ancora un po’ freddino ma è percepibile nell’aria la voglia di primavera e di rinascita che anche Matera, come tutti, reclama dopo il gelido inverno che si spera ormai essere alle spalle. L’atmosfera è magica, festosa, le vie ed i musei, i negozi, le botteghe e i ristoranti tipici pieni fino a tarda sera, anche durante la settimana. Ed è appena il terzo mese dall’avvio ufficiale della manifestazione legata alla Capitale europea della Cultura.
Ci addentriamo nel cuore dell’antica città, fra le viuzze e le scalette che penetrano nei due Sassi, Barisano e Caveoso. Cogliamo le vedute uniche di questa meraviglia tutta italiana, di notte, il Duomo in cima all’altura, che domina la vista panoramica. Dall’altro lato il presepe naturale quale scenario offerto dalla rupe dell’Idris con la sua croce e San Pietro Caveoso. Le chiese rupestri sono lì, ferme nel tempo, incastonate come gemme in una roccia plurisecolare e scavata dal torrente della gravina, che ne separa il Parco della Murgia dal centro abitato.
L’area degli itinerari turistici è ampia: dalla piazza Vittorio Veneto dove parte ufficialmente il cammino, sia a cielo aperto scendendo lungo il Palombaro (l’antica cisterna) e via Fiorentini per calarsi nel centro del Sasso Barisano, sia per le spelonche della Matera sotterranea, la Casa Cava (oggi adibita ad eventi, mostre e auditorium), le chiesette e le antiche dimore dei Sassi.
L’atmosfera unica del set della crocifissione di Cristo, scelto dapprima da Pasolini e poi da Mel Gibson, arriva al cuore del visitatore anche guardandone la meraviglia dal lato opposto a quello delle tante gravine e grotte della Murgia – area buia e quasi inaccessibile durante le ore serali.
Al tempo stesso è il campanile della cattedrale, nel suo stile romanico ma altrettanto ricco e barocchizzante al suo interno, a far luce all’intera vallata dei Sassi.
Il Museo di Palazzo Lanfranchi al momento ospita gran parte delle attività legate al primo trimestre di Matera 2019, con mostre di pittura e scultura permanenti e la speciale rassegna fotografica di Mater(i)a in Pietra, senza dimenticare l’esposizione ai piani alti dedicata a Carlo Levi (che tratteggiò a fine anni ’40 la Basilicata nel suo ‘Cristo si è fermato ad Eboli’ – ndr). Le piazze principali pullulano di turisti, famiglie, vita giovanile ed altrettanta cultura che promana dappertutto. C’è poi a pochi passi il Museo Ridola, laddove ha preso avvio la prima grande kermesse artistica e culturale dal nome Ars Excavandi. Davvero suggestiva, attraverso i meandri della mente umana e della natura del territorio in senso diacronico, dalla preistoria alla Matera odierna. Piazza San Francesco e piazza del Sedile, sede del Conservatorio, illuminate poco e adornate di sculture ed opere d’arte contemporanea, offrono poi alcuni scorci di intensa vitalità artistica all’occhio dei passanti. In questa zona sorgono anche le maggiori gelaterie artigianali della città vecchia. Tanto per restare in clima quasi estivo.
E’ sera, non fa più quel freddo pungente dei mesi d’avvio, l’aria tende al dolce clima primaverile e finalmente durante il giorno appaiono anche gli short e le mezze maniche, o almeno si vedono i primi timidi segnali di abbigliamento primaverile. I tavolini all’aperto fanno la loro comparsa, i flash delle macchine fotografiche abbagliano alcuni punti belvedere della città sui Sassi, mentre altri si dedicano a selfie e Instagram story. Il tutto mentre si consuma un drink o una cena degustazione delle specialità materane e lucane in genere. Parlammo della classica Cialledda la scorsa volta, inutile raccontare la bontà di salumi e formaggi del posto, abbinati ai vini Doc della zona fra Primitivo e Aglianico.
Le verdure ed i legumi sono un trionfo, dalla classica cicoria su purè di fave alla caratteristica ‘crapiata’ ovvero la zuppa di legumi e cereali venduta in tutti i negozi di tipicità e servita nei ristoranti con l’eccellente ed onnipresente pane di Matera Igp. Il peperone crusco di Senise domina anche sui primi piatti, nonchè nelle degustazioni organizzate presso gli infopoint al termine delle gite. A tal proposito infatti ringraziamo Matera City Tour per la speciale accoglienza riservataci dal suo staff interamente al femminile.
Il Castello Tramontano, in cima all’altra sommità del Sasso Barisano, è attualmente sede dell’evento Circus+ che ogni sera prende forma durante questo primo periodo dell’anno 2019. Un anno che parte forte, con gran soddisfazione ma altrettanta fatica e impegno per la fondazione e i membri dell’organizzazione sempre all’opera. Stand e punti informazione turistica sempre aperti, compreso uno dei maggiori sponsor di Matera 2019, l’amaro Lucano con sede storica nel centro città, accanto a quella di Pisticci – dove ebbe origine.
Tutto magicamente in moto, funzionale e al servizio del visitatore, dal più colto ed esigente al semplice curioso che avrà senz’altro voglia di tornare a Matera entro la fine di questo speciale 2019. In aprile avvio per la seconda mostra evento, dedicata al Rinascimento visto da Sud, mentre a giugno si partirà con il coinvolgimento di altri centri della costa jonica materana, quali Metaponto e Policoro.
Un buon pretesto per tornare in Basilicata, a presto Matera 2019.
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Eccoci con un nuovo romanzo!
Questa volta vi racconto un bel giallo dal titolo “La signora del martedì” di Massimo Carlotto: scrittore, drammaturgo, giornalista, fumettista e sceneggiatore italiano.
È di dominio pubblico l’episodio di cronaca nera che l’ha riguardato tra gli anni settanta e novanta quando era ancora un giovane studente, ma questo a noi non interessa perché è la sua capacità di scrittura ed i sentimenti che trasmette che ci piacciono.
Oggi voglio raccontarvi un libro intenso.
Per questo nuovo anno mi sono promessa di leggere libri differenti: novità, gialli, horror, narrativa, ma anche testi che non fossero poi molto recenti, ampliando così la conoscenza di grandi autori che hanno segnato il secolo trascorso.
È così che mi sono avvicinata a Kundera: scrittore, poeta, saggista, nato in Boemia e naturalizzato francese, ha raggiunto il suo successo in Italia con “L’insostenibile leggerezza dell’essere” (che mi prometto di leggere).
Ho deciso, però, di avvicinarmi a questo autore attraverso il titolo di un libro che ho osservato a lungo e che mi ha particolarmente colpito: “L’identità”.
Si sa, sono i libri a scegliere noi, e non viceversa. Sono fatta così: il titolo, i caratteri, la quarta di copertina, i colori. Sono loro a parlarci, a sceglierci.
Partiamo dalla trama del libro riportata nella quarta di copertina.
Vi sono situazioni in cui per un istante non riconosciamo chi ci sta accanto, istanti in cui l’identità dell’altro si cancella, mentre di riflesso, dubitiamo della nostra. Solo Kundera poteva trasformare una percezione così segreta e sconcertante in materia romanzesca – e farne uno dei suoi libri più dolorosi e illuminanti.
I protagonisti di questo romanzo sono Chantal e Jean-Marc, che vivono intensamente la loro storia d’amore, ma ad un certo punto sentono qualcosa di diverso insinuarsi dentro di loro: lei sta invecchiando, il suo corpo sta cambiando, “gli uomini non si voltano più a guardarmi”; lui fa ruotare il suo mondo introno alla sua amata: Chantal è il suo centro gravitazionale, allora perché, se è così perdutamente innamorato di lei, confonde il suo amore con altre donne?
“L’identità” è una storia di un amore sincero, di gelosia, di ricerca, di riconoscere il senso della vita nell’amore e nella dedizione di chi ci accompagna nella vita. Chantal riceve lettere di un ammiratore segreto, e saranno queste a creare un turbinio di emozioni contrastanti. I due protagonisti si perdono, si distanziano, non si riconoscono più. Si distaccano dal proprio Io. Parte così una ricerca profonda: troveranno la propria identità affidandosi l’uno nelle mani dell’altro; perché in fondo questo è l’amore, riconoscere se stessi nella persona amata.
“Non staccherò più gli occhi da te. Ti guarderò continuamente. Ho paura, quando le mie palpebre si abbassano. Paura che nell’attimo in cui il mio sguardo si spegne al tuo posto si insinui un serpente, un ratto, o un altro uomo. (…) lascerò la lampada accesa per tutta la notte. Tutte le notti.”
Ecco le parole chiave di questo romanzo: accettazione, fiducia, dedizione, riconoscimento.
Autore: Milan Kundera | Casa editrice: Adelphi | Anno di pubblicazione: 1997
Non c’è stato neanche il tempo di salutare Andrea Camilleri che un’altra brutta notizia colpisce il mondo della cultura italiana. E’ morto a Roma, all’età di 90 anni, Luciano De Crescenzo. Lo scrittore, regista, attore e conduttore televisivo era nato a Napoli il 18 agosto 1928. Da alcuni giorni era ricoverato in ospedale. La conferma arriva dalla casa editrice Mondadori che ha pubblicato tutti i suoi libri.
“Lo scrittore e regista Luciano De Crescenzo è morto oggi, giovedì 18 luglio, intorno alle ore 16, presso il Policlinico Universitario A. Gemelli Irccs per le conseguenze di una grave malattia”. Lo comunica lo stesso ospedale romano in una nota. “De Crescenzo, nato a Santa Lucia (Napoli) il 20 agosto 1928, era ricoverato da circa due settimane presso l’Uoc di Pneumologia del Gemelli, diretta dal professor Luca Richeldi. Accanto a lui i familiari e gli amici più cari che lo hanno accompagnato anche nell’ultima fase della sua malattia”.
“Esprimo il cordoglio profondo mio personale e della città di Napoli per la fine terrena del grande Luciano De Crescenzo, uomo di immensa cultura che ha saputo interpretare al meglio l’anima del popolo napoletano. Persona di estrema intelligenza, enorme cultura e di una naturale simpatia tutta partenopea. Luciano mancherà molto a Napoli e alla sua gente, lo ricorderemo tutti con immenso affetto e gratitudine”. E’ il messaggio del sindaco di Napoli Luigi de Magistris.
Mentre il mondo piange la scomparsa di Andrea Camilleri, morto all’età di 93 anni a Roma dove era ricoverato da un mese, ci si domanda che fine farà il suo commissario Montalbano reso celebre dalla serie tv Rai interpretata da Luca Zingaretti. La fine del poliziotto di Vigata è nelle mani dell’editore Sellerio che, ormai da diversi anni, è l’editore dello scrittore siciliano.
Nel 2006, infatti, Andrea Camilleri ha consegnato all’editore Sellerio l’ultimo libro con il finale della storia, chiedendo che questo venisse pubblicato dopo la sua morte. E in proposito aveva poi dichiarato: “Ho scritto la fine dieci anni fa… Ho trovato la soluzione che mi piaceva e l’ho scritta di getto, non si sa mai se poi arriva l’Alzheimer. Ecco, temendo l’Alzheimer ho preferito scrivere subito il finale. La cosa che mi fa più sorridere è quando sento che il manoscritto è custodito nella cassaforte dell’editore… È semplicemente conservato in un cassetto”.
Infine aveva assicurato: “Montalbano non può cadere in un burrone come Sherlock Holmes e poi ricomparire in altre forme. Montalbano non muore”, aveva concluso anticipando il finale.
Il rapporto fra Sellerio e Camilleri inizia nel 1984 con “La Strage di Palermo” e va avanti sino al 2019, anno in cui viene pubblicato “Il cuoco dell’Alcyon”. Montalbano è il protagonista di romanzi (il primo è “La forma dell’acqua”, del 1994) e racconti che non abbandonano mai le ambientazioni e le atmosfere siciliane e che non presentano alcuna concessione a motivazioni commerciali o a uno stile di più facile lettura.
Il Maccartismo e la caccia alle streghe, il Comunismo come minaccia alla democrazia e alla realizzazione del Sogno americano, le illusioni del Dopoguerra e la tensione di una Guerra Fredda che avvinghia le personalità oltre che gli Stati. Sono questi i tanti ingredienti di “Ho sposato un comunista” di Philip Roth.
Centro focale del romanzo è la figura di Iron Ringold, attore e speaker radiofonico che, all’apice del successo, sposa Eva Frame, bella e famosa attrice di film muti. Lei è più grande di lui, è reduce da precedenti matrimoni ed ha una figlia dalla personalità complessa, Silphyd. La vita di Ira Ringold è narrata a Nathan dalla voce di Murray, il suo ex insegnate di inglese e fratello di Ira.
Ira Ringold lavora sin da giovanissimo come scaricatore di porto, dove conoscerà Jonny O’Day che lo convertirà al Comunismo. L’operaio si emancipa, diventando attore e marito di Eva Frame, una donna ai suoi antipodi. Che effetto avrà questa figura sulla vita dell’uomo? Quanto l’adesione al Comunismo influenzerà la sua vita?
La risposta è data da un romanzo lento in cui largo spazio è dato ai dialoghi tra personaggi che si raggomitolano spesso tra le varie parti del racconto. Philip Roth ricalca in modo analitico e riflessivo la personalità di Ira per tracciare in modo più approfondito il ritratto di un’epoca densa di complotti e dietrologie, di affannose ricerche costellate dal sacro fantasma del potere “Non occorre una visione evoluta della vita per amare il potere. Non occorre una visione evoluta della vita per andare al potere”.
Il potere come supremazia su un popolo, come supremazia sui sentimenti, come supremzia sui gesti, sulle tendenze e sulle abitudini è il nodo focale di un romanzo che, attraverso le vicissitudini di un privato cittadino che vive a cavallo tra gli anni ’50 e ’60 del ‘900 negli Stati Uniti D’America, dispiega i suoi paradossi e le sue innumerevoli contraddizioni. Un racconto nel racconto che ci coinvolge nella parabola ascendente e discendente di un uomo che si è illuso sia nella vita pubblica, sia in quella privata “Per tanto tempo tutto è così caldo, e ogni cosa, nella vita, è così intensa; poi, a poco a poco, il caldo se ne va, comincia il raffreddamento; e alla fine rimangono le ceneri”. Se la massima qualità di un libro risiede nella capacità di saper lasciare interrogativi e aprire varchi di riflessione, Roth è sicuramente l’esponente di un’ottima letteratura.
Se arrivi dalla Calabria jonica Nova Siri è un posto che senti molto vicino. Il mio viaggio per Matera parte da Rossano con la mia famiglia. Ce ne andiamo a vedere la Capitale europea della Cultura perché in questo 2019 non possiamo esimerci dalla visita e lo trovo giusto così. Quando parti dalla Calabria sembra che la Basilicata sia più vicina che per altri ma le due città capoluogo, Matera appunto e Potenza, non sono poi così al nostro fianco. La porta di ingresso è Nova Siri. Ci arrivi dopo essere passato Trebisacce, Roseto Capo Spulico e l’ultimo presidio calabrese sulla 106 Rocca Imperiale, patria di uno dei limoni più gustosi del Paese. Varcato quel limite, sei in Basilicata. Sei a Nova Siri. Non avevo mai fatto prima una visita qui. A parte il piazzale dove si fermano i bus che, per tanti meridionali, è una vera e propria porta d’accesso di rientro nelle nostre terre. Con la famiglia abbiamo deciso di fermarci e vederla un po’ questa Nova Siri di cui conoscevamo solo la Marina e tutto ciò che si trova sulla statale 106. Guardi il mare e ti trovi immerso nel Golfo di Taranto che di regioni ne riunisce ben tre. A poca distanza da qui, poi, c’è la riserva naturalistica del Wwf che si trova nei pressi del fiume Toccacielo dove svolazzano, in tranquillità, gli aironi e le gabbianelle. Quando sali verso la zona collinare di Nova Siri resti a guardare i frutteti. Immensi. Anche perché qui l’agricoltura è l’attività principale. Arance, pere ma anche ulivi, carciofi, finocchi: qui la produzione naturale è tanta, ricca e variegata. E poi qui si stanno attrezzando sempre più a migliorare la filiera del vino che con la pasta fresca, come i frizzuli alla mollica, sta diventando un’altra tipicità di Nova Siri. Spero, con questo mio breve scritto, di farvi venire voglia di vedere Nova Siri. Di passare dal mare al Pollino in pochi chilometri. Se lo merita il posto, se lo merita la gente.
Dal 18 al 22 settembre si rinnova l’appuntamento con pordenonelegge, la Festa del Libro con gli Autori: è la ventesima edizione di una tra le più attese manifestazioni dell’agenda culturale italiana.
Anche quest’anno ci saranno grandi nomi della letteratura italiana e internazionale, con un programma che unisce firme consacrate a scrittori esordienti. In tutto più di 600 ospiti e centinaia di incontri, dialoghi e lezioni magistrali e oltre 50 location. A inaugurare il festival, sarà una serata dedicata allo scrittore Javier Cercas, che parlerà della sua vocazione letteraria e dei romanzi che la hanno alimentata.
Tanti, poi, gli autori stranieri: da Manuel Vilas a Ildefonso Falcones, da David Grossman a Tahar Ben Jelloun, da Sara Shepard a Marie-Aude Murail e Peter Cunningham. “Anche quest’anno abbiamo una lista di ospiti strepitosi: grandi autori di tutte le branche del sapere”, ha commentato presentando la rassegna il direttore artistico, Gianmario Villalta.