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Sta per nascere un percorso virtuoso nell’alto Jonio calabrese.
Giovedì 30 maggio a Trebisacce ci sarà un importante momento di discussione collettiva dal tema “Le Comunità Rigeneranti – Coesione e sviluppo sostenibile, condiviso e partecipato”, voluto dal Comune di Trebisacce, dal CRU Unipol e da Officine delle Idee. Qualcosa di più che un convegno, che si terrà a partire dalle ore 10.00 nell’Istituto Aletti, perché si tratta del punto di partenza per un progetto che coinvolge le comunità del territorio e che consente loro un balzo in avanti nel panorama dello sviluppo sostenibile. Un progetto che incomincia da Trebisacce, ma che punta a “contaminare” i comuni vicini. Il punto di partenza è buono visto che 20 territori hanno già collaborato per il bando Magna Grecia del Mibact, inserito tra i progetti finanziati, “Sibari e la costa dei tre miti”, per una destinazione turistica accessibile universale. Ora la lente si sposta sulla necessità di creare “Comunità Rigeneranti” che permettano la rinascita economica, storica e culturale dei territori con uno sguardo attento al golfo di Taranto in modo da creare una vera e propria cabina di regia fra Calabria, Puglia e Basilicata per promuovere e sostenere progetti di sviluppo condivisi e partecipati.

Comunità rigeneranti conf
La confensta stampa di presentazione delle giornata del 30 maggio

Nella conferenza stampa di presentazione hanno esposto il programma dell’evento del 30 maggio “Le Comunità Rigeneranti – Coesione e sviluppo sostenibile, condiviso e partecipato”: il sindaco di Trebisacce Franco Mundo; Alessandro Cicitta del CRU Unipol; Vincenzo Farina del CRU Unipol Calabria e presidente di Confesercenti Calabria e Antonio Blandi di Officine delle Idee.

«La condivisione è nel DNA dei Consigli Regionali Unipol – dice Vincenzo Farina – La mission è proprio quella di condividere strategie di sviluppo fra le parti sociali senza padroni da una parte e lavoratori dall’altra. O lo sviluppo è sano e c’è per tutti o non si può attuare. Il modello di sviluppo non può avere squilibrio. È essenziale la sostenibilità ambientale in un discorso del genere perché crea sviluppo turistico; serve sostenibilità sociale perché tutti i protagonisti devono sentirsi gratificati e si deve portare avanti la sostenibilità economica dei soggetti che partecipano a questa condivisione».

La filosofia del CRU Unipol passa anche dalle parole di Alessandro Cicitta. «Il Consiglio Regionale Unipol Calabria – dice – ha l’obiettivo di creare partenariati di sviluppo locale a prescindere da quali siano le fonti di finanziamento esterne. Noi ascolteremo questo territorio nella giornata del 30 maggio per parlarne ai nostri vertici nazionali. Vogliamo far nascere progetti che siano sostenibili e che si autogenerino sul territorio, che abbiano ricadute sulle comunità da cui partono e che durino nel tempo».

All’alto Jonio calabrese tocca un ruolo importante per lo sviluppo della Calabria e lo sa bene il sindaco di Trebisacce Franco Mundo. «L’importanza della condivisione e della partecipazione – spiega il primo cittadino – la disponibilità a lavorare insieme con altri territori è essenziale; è importante lavorare insieme e non da soli. Tutti i territori assieme, senza sterili campanilismi. Siamo ricchi di arte, storia, tradizione e bellezze naturali ma dobbiamo fare sistema e coinvolgere dal basso le comunità locali in tutte le loro espressioni e nei vari segmenti sociali se vogliamo veramente competere e creare sviluppo ed economia.

La chiusura della conferenza stampa è affidata a chi nelle “Comunità Rigeneranti” ci crede da sempre e le sostiene, Antonio Blandi di Officine delle Idee. «Siamo una piccola realtà che sogna e nell’alto Jonio calabrese abbiamo trovato un territorio in cui costruire uno sviluppo condiviso – racconta Blandi – È un fatto importante per questa regione; è una opportunità per l’intera Calabria. Il 30 maggio alle istituzioni chiediamo di costruire insieme un progetto pilota che guardi alle comunità di quel territorio nonchè all’area del golfo di Taranto. Lo facciamo non chiedendo finanziamenti, ma programmazione. Le peculiarità turistiche, produttive, culturali e sociali dei nostri territori hanno bisogno, innanzitutto, di tracciare percorsi con obiettivi e risultati reali e di lavorare sul patrimonio esistente, sulle comunità e sulle risorse umane locali.

È da questi presupposti che partiranno due progetti pilota di “Comunità Rigeneranti” uno nel borgo di San Lorenzo Bellizzi e uno sui pescatori dell’alto Jonio calabrese che saranno illustrati nel corso dell’incontro del 30 maggio.

Programma dell’evento del 30 maggio
L’evento “Le Comunità Rigeneranti – Coesione e sviluppo sostenibile, condiviso e partecipato”, che si terrà giovedì 30 maggio a Trebisacce, avrà quattro momenti di discussione. Dopo i saluti istituzionali del sindaco di Trebisacce Franco Mundo e della dirigente dell’Istituto Aletti Marilena Viggiano, prenderà il via il primo dibattito dal tema “Il contesto territoriale, la coesione territoriale, la mission, le Comunità rigeneranti” e vedrà come relatori il vescovo di Cassano allo Jonio monsignor Francesco Savino che parlerà di “Coesione sociale e partecipazione condivisa nello sviluppo territoriale”; Antonio Blandi, presidente di Officine delle Idee che relazionerà su “Modello di sviluppo partecipato e condiviso: il progetto TEO – le Comunità rigeneranti”; Fortunato Cozzupoli, esperto di sviluppo locale, con “Le Fabbriche Culturali” e Antonio Cersosimo sindaco di San Lorenzo Bellizzi.

A seguire si parlerà dei progetti di sviluppo turistico e culturale in itinere con Dino Angelaccio, presidente ITRIA (Itinerari turistico-religiosi interculturali ed accessibili); Michele Calvosa, coordinatore del progetto: “Sibari e la Costa dei tre miti – Italo, Ulisse e Federico” e Valerio Pancaldi, SCS Consulting.

Si prosegue con la discussione sul tema “La risorsa turistica, culturale, ambientale: la Convenzione di Faro”, con Stefano Banini, direttore CURSA – Consorzio universitario per la ricerca socioeconomica e per l’ambiente; Roberto Calari di CulTurMedia Legacoop; Antonio Capasso, direttore Cnr Issm; Alberto D’Alessandro, già direttore del Consiglio d’Europa presso la sede di Venezia; Vincenzo Farina di CRU Calabria; Silvio Greco direttore sezione Calabria “Stazione zoologica Anton Dohrn” dell’Istituto Nazionale di biologia, ecologia e biotecnologie marine e Salvatore Modaffari di Cantieri di Imprese.
Quindi Aleandro Benuzzi, responsabile dei Consigli Regionali Unipol, relazionerà su “L’impegno del CRU Unipol Puglia, Calabria e Basilicata” a cui seguirà un importante confronto con le istituzioni che vedrà la partecipazione di Mauro D’Acri, consigliere regionale, delegato all’agricoltura per la Regione Calabria; Domenico Pappaterra, presidente del Parco Nazionale del Pollino; Angela Robbe, assessore al lavoro e welfare della Regione Calabria; Franco Rossi, assessore pianificazione territoriale ed urbanistica della Regione Calabria; Francesco Russo vicepresidente della Giunta Regione Calabria e Giovanni Soda, dirigente nucleo regionale di valutazione e verifica degli investimenti pubblici della Regione Calabria.

Mostra “Mestieri del mare”
A margine dell’evento “Le Comunità Rigeneranti – Coesione e sviluppo sostenibile, condiviso e partecipato” che si terrà il 30 maggio presso l’Istituto Aletti di Trebisacce, ci sarà l’esposizione di una sintesi della mostra “Mestieri del mare”. La mostra si inserisce nelle attività di collaborazione tra Marco Polo System GEIE e Officine delle Idee per la promozione e diffusione, anche in Calabria, degli obiettivi e dei prodotti realizzati con il progetto europeo Interreg Central Europe ed in particolare della divulgazione e sottoscrizione del “Manifesto per la valorizzazione reciproca dei mestieri tradizionali e dei giovani”. Sarà presente il fondatore e amministratore di Marco Polo System, Pietrangelo Pettenò, per rappresentare la storia di Pp9 Mps, e l’attività del progetto YouInHerit; per divulgare i principi e le strategie del progetto finalizzate a diffondere sempre più la consapevolezza sul valore della sostenibilità e del recupero dei mestieri e delle attività identitarie. Il Manifesto è proprio un esempio di come si possa rigenerare una comunità ripartendo dalle proprie tradizioni creando così nuove forme di sostentamento sociale.

Scarpe comode e si inizia. Mi sono ritrovata a Matera dopo essere stata in Puglia per lavoro. Arrivare dal profondo nord (sono di Vicenza), nel sud più intimo è sempre un positivo colpo al cuore per noi che siamo più “gelidi”. Arrivata qui, nella Capitale europea della cultura, ho deciso di informarmi e capire che cosa avrei dovuto assolutamente vedere. Dopo aver preso tutte le informazioni del caso, eccomi pronta a iniziare il mio percorso. Il punto di partenza è piazza Pascoli, il cuore del centro storico materano dove si possono vedere le maestosità dei sassi. La prima tappa che mi hanno consigliato di vedere è la Casa Noha, un vero e proprio museo a forma di abitazione dove ci viene spiegato come si viveva una volta. Sì, perché al suo interno si trova una sorta di museo multimediale con informazioni sulla storia della città sin dalla Preistoria. Usciti da lì si riesce anche a vedere l’imponente Duomo di Matera.

Pian piano il mio percorso si dirige verso la piazza di San Pietro Caveoso. Che spettacolo! E che spettacolo poter vedere lo strapiombo della Gravina. Da qui, seguendo sempre le indicazioni che mi sono state fornite, me ne vado al Parco delle Chiese rupestri con le sue 150 grotte. Posso visitare le chiese rupestri della Madonna dell’Idris e quella di San Giovanni. Quarta tappa: la Cattedrale della Madonna della Bruna e di Sant’Eustachio. Questo è il luogo più alto della sacralità cattolica materana. La sua bellezza si nota anche per il posto in cui è costruita e cioè sullo sperone più alto della Civita che divide i due sassi. È qui dal tredicesimo secolo. Il mio viaggio, stancante ma bellissimo, si conclude qui. E tornerò al freddo e “triste” nord con il cuore caldo di chi ha visitato una delle città più uniche d’Europa.

Dopo aver vinto a febbraio il Premio Carver 2018, Valerio Vigliaturo si aggiudica anche con il romanzo Dalla parte opposta pubblicato un anno fa da Augh! Edizioni (marchio editoriale di Alter Ego Edizioni di Viterbo) il Premio Nazionale di Poesia e Narrativa “Alda Merini” 2019 dedicato alla celebre poetessa e scrittrice, la cui premiazione si svolgerà sabato 25 maggio ore 15 a Imola (BO).
L’opera prima dell’autore nato a Chieri (TO) è un’autofiction proiettata in un futuro postumano, attraverso una scrittura metatestuale e ispirata all’improvvisazione jazz, con digressioni saggistiche, versi poetici e tweet.

Dalla parte opposta. L’amore, l’immortalità e l’altrove narra le vicende esistenziali di un uomo antipatico ai più, simpatico a pochi ma buoni. Un outsider, da sempre considerato divergente, alla ricerca di conferme, una meta e un senso, tra le alterne fortune delle sue vicende amorose, il suo essere incompreso, gli interessi per le nuove tecnologie, le religioni, i viaggi, ma anche le esperienze con le droghe e il sesso, attraverso una trasgressione consapevole. Connesso con l’infinito, catapultato sulla terra come un “reporter onnisciente venuto dallo spazio” (Ferlinghetti), fatica a vivere secondo le regole dei mortali e attende di essere trasferito nella redazione stellare di un altro pianeta. La scoperta del progetto Global Future 2045 gli consente finalmente di cambiare vita, abbandonando il proprio corpo per smaterializzarsi in una macchina o in un robot. E solo l’incontro con una donna ideale potrà proiettarlo verso il romanticismo di una nuova esistenza.

Il romanzo è stato presentato al Salone del Libro di Torino, al Festival Internazionale di Poesia “Parole Spalancate” di Genova, al Circolo dei Lettori di Torino, a “Firenze, Libro Aperto”, alla “Fiera delle Parole” di Padova, a BookCity Milano, in occasione della fiera “Più libri più liberi” di Roma con lo scrittore Paolo di Paolo, alla libreria Mondadori Bookstore di Catania, al Festival “I luoghi delle Parole” di Chivasso (TO) con lo scrittore Enrico Remmert, alla rassegna “Torino che legge Piemonte che legge”, e sarà presentato l’1 giugno al “Festival della Cultura Mediterranea” di Imperia.

L’AUTORE

Valerio Vigliaturo, cantante, scrittore e operatore culturale. Dal 2004 è direttore del Premio InediTO – Colline di Torino, punto di riferimento in Italia tra i concorsi letterari dedicati alle opere inedite, organizzato dall’associazione Il Camaleonte di Chieri (TO) con cui ha fondato nel 2009 il giornale «CHierioggi» pubblicato fino al 2015. Ha collaborato in passato come giornalista per «Il Giornale del Piemonte», «La Nuova» e «Torino CronacaQui». Dopo diverse esperienze in band, come cantautore, chitarrista e produzioni discografiche, nel 2012 riprende la sua passione per il jazz e il blues, esibendosi dal vivo in locali come il Diavolo Rosso di Asti, il The Mad Dog Social Club e il Birrificio Torino, il Louisiana Jazz Club di Genova e il Nordest Cafè di Milano, in rassegne come il Moncalieri Jazz Festival, l’Alba Jazz Fest, l’Evergreen Fest e “I suoni della Piazza” di Torino, collaborando con importanti jazzisti del panorama torinese.

L’autore: Valerio Vigliaturo

Scarpe da trekking, calzettoni lunghi, pantaloni resistenti a tutto, zaino con dentro acqua, cibo e prodotti sanitari e si parte. Matera, per me che sono un’amatrice del genere, significa questo. Ho svolto tanto trekking nella mia vita. Mi aiuta a scaricare le tensioni accumulate durante il lavoro. Ho, dunque, approfittato della mia passione/esigenza per andare a visitare la Capitale europea della Cultura 2019 ma in una maniera, forse, differente rispetto a quella che hanno fatto gli altri turisti.
Ho trovato sul sito del Parco della Murgia un percorso e me lo sono fatta da sola con un gruppo di due amiche. Abbiamo “rubato” l’itinerario ed essendo noi un po’ più esperte nel settore, siamo andate seguendo le indicazioni. Punto di partenza: Rione Agna. Dopo circa un chilometro e mezzo dalla partenza, ci appare, in tutta la sua sommità, la gravina e il complesso rupestre di San Nicola all’Ofra. Proprio questo posto veniva usato come stalla dai pastori. Dentro San Nicola si trovano le cavità adattate con i forni e si possono vedere le pareti e le volte annerite di fumo. Si trovano anche letti ricavati nel tufo, mangiatoie, nicchiette con tracce di luci ad olio. Fuori ci sono le indicazioni per vedere il sistema di canalette e cisterne per la raccolta dell’acqua che arrivava dal pianoro. Lasciato San Nicola all’Ofra, tutte e tre ci rechiamo, zaini in spalla, verso la Grotta dei Pipistrelli. Qui c’è una grotta funeraria che testimonia la presenza delle donne e degli uomini sin dall’era paleolitica. Nel nostro cammino abbiamo visto anche la chiesa rupestre di Cristo la Selva con una vista mozzafiato sul torrente Gravina e il Villaggio Saraceno. Anche quest’ultimo è un insediamento rupestre al cui interno si possono visitare la Cripta del Vitisciulo e quella di San Luca, testimonianza del passaggio dell’Impero bizantino a queste latitudini.

L’insegnante di terracotta di Michele Canalini affronta i delicati cambiamenti che hanno coinvolto la scuola italiana dopo l’introduzione della Buona Scuola. Allieve allibite di fronte a suore che cantano nel film Tutti insieme appassionatamente, sospetti di indecenza all’ascolto di Bocca di rosa di De André, ragazzi disabili trascurati e bistrattati. Potrebbe sembrare di essere a metà degli anni Sessanta e invece siamo nel 2018. Dietro la cattedra della scuola italiana si trova un insegnante spaurito, disorientato. A tre anni dall’approvazione della Buona Scuola e con l’incognita delle scelte di un nuovo governo, Michele Canalini tratteggia la figura di un “insegnante di terracotta” che si ritrova a dover fronteggiare i diktat degli uffici scolastici, le invadenze di psicologi e specialisti e, last but not least, le immancabili richieste di genitori sempre più ansiosi e organizzati in ubique comunità di Whatsapp. Riuscirà il nostro “insegnante di terracotta” a non frantumarsi in mille pezzi e a restare intatto, piccolo soldato al servizio della modernità, del ministero, della classe e, infine, anche di se stesso?

L’AUTORE

Michele Canalini, laureato in Lettere moderne presso l’Università di Bologna, lavora come insegnante in un istituto professionale della Lunigiana in provincia di Massa-Carrara. Nel 2014 ha conseguito la laurea triennale in Filosofia presso l’Università degli Studi di Urbino con una tesi dal titolo L’angoscia nell’epistemologia di Leopardi, pubblicata in volume con il titolo Leopardi e l’angoscia (2015). Le sue principali esperienze sono state presso l’Anpi (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) di Pesaro e Urbino, in qualità di collaboratore e redattore della rivista Memoria Viva (2002-2010), e presso il Rossini Opera Festival (2002-2015), in qualità di addetto ai libretti di sala. Ha collaborato con il sito di divulgazione cinematografica cinema4stelle.it, è curatore della pagina di divulgazione culturale e letteraria www.facebook.com/cortesieperilettori.periodicoonline e dal 2016 collabora saltuariamente con il sito di informazione culturale www.idranet.it.

Quattro ore intensissime. Lo chiamano percorso “facile” e magari lo è pure per una persona “normale” ma per me che non sono abituato alla vita sana è stato difficilissimo. Estremamente bello ma difficilissimo. Ho deciso di andare a Matera e visitare uno dei percorsi del Parco della Murgia materana insieme ad una guida specializzata. Devo dire però che, fiatone a parte, è stata una esperienza fantastica. Con la nostra guida siamo partiti da Porta Pistola, lo spiazzo enorme che si incontra scendendo nel Sasso Caveoso dopo aver superato Piazza San Pietro. Da questo posto poi si entra in un ripido sentiero che ci fa entrare subito nelle atmosfere ambientali ed emozionali del Parco, dove il torrente Jesce confluisce nella Gravina. Dal torrente Gravina si attravera un piccolo invaso di origine naturale chiamato Jurio. Poi abbiamo vistato le chiese rupestri di S.Maria degli Angeli, della Madonna di Monteverde, della Chiesa di S.Maria della Scordata e la Madonna delle Vergini; il villaggio neolitico di Murgecchia, il Santuario della Palomba, costruito proprio sul torrente Gravina e intitolato alla Vergine Maria. Arrivati alla fine di questo percorso, la nostra bravissima guida ci ha fatto tornare verso lo spiazzo di Porta Pistola dove ho ritrovato la mia macchina e dato un’occhiata a tutta quella bellezza che lascia senza fiato. Letteralmente.

La ribelle primavera del 2030 di Enrico Casartelli ha come protagonista Isabelle, diffidente e scettica verso quel mondo tecnologico e robotico nella quale è immersa, svolge l’attività di guida turistica nella cittadina di Nemi, sui colli laziali. Lavora nei weekend e ogni metà settimana trascorre due giornate di riposo presso l’agriturismo della madre, in Toscana, o a Milano, dove abita il fidanzato Luca, dedito invece ai benefici che la tecnologia ha portato.

Ma cosa succede quando due visioni così differenti si incontrano? Il romanzo affronta le dinamiche di una società del futuro legata a una tecnologia sempre più evoluta e pervasiva che porterà a differenti esiti: il rifiuto, l’indifferenza, il timore, l’utilizzo intelligente, o, contrariamente, la fuga dal mondo reale, il rifugiarsi in un guscio protettivo in cui l’assistente virtuale, la robotica umanoide e l’intelligenza artificiale diventano le uniche compagne. Quest’ultima tipologia umana saprà gestire le problematiche reali e intime come un naturale desiderio di maternità che nasce dalla protagonista del romanzo? E l’intera comunità come si difenderà da uno spionaggio tecnologico sempre più pressante, invasivo e capace di carpirne i più reconditi desideri ed esigenze? Il lettore, inoltre, si troverà di fronte a una profonda coscienza ecologica in una Milano “green”, aperta e multiculturale, e in una Toscana nella piena bellezza del proprio ambiente tramite un connubio vincente tra l’utilizzo della tecnologia e il rispetto della natura.

L’AUTORE

Enrico Casartelli è nato nel 1955 e vive a Como. Ha lavorato in una multinazionale americana per più di vent’anni, ricoprendo differenti ruoli manageriali e commerciali nell’area dei servizi informatici e nella formazione. Attualmente è libero professionista, alterna attività commerciali con consulenza e docenza in marketing e comunicazioni web, gestione del personale e tecniche di vendita. Laureato in Ingegneria Elettronica, ha tenuto diversi interventi di Gestione Progetti ed è stato responsabile commerciale di Master Post Universitari. Ha pubblicato nel 2013 il romanzo La vita in una conchiglia (Editore Sensoinverso), nel febbraio 2015 Un nove corre in internet (Robin Edizioni), nel maggio 2016 Il vecchio ciliegio di Manhattan (Robin Edizioni), nel settembre 2017 Villa Sofia (Robin Edizioni) e nel settembre 2018 La ribelle primavera del 2030 (Robin Edizioni).

Una domenica di aprile il mio gruppo parrocchiale ha organizzato una gita e la meta scelta è stata la Basilicata. Un pullman pieno di fedeli diretto a Matera. È stata la prima volta che ci sono andata e devo dire che è una città fantastica, piccolina, una vera bomboniera. Poi il centro storico e i Sassi sono molto suggestivi: quelle architetture rupestre scavate nella roccia; il pensiero che le persone ci abitavano fin dalla preistoria ha suscitato in me forti emozioni. Dopo essere andati a messa e fatto il pranzo a sacco abbiamo girato un po’ la città. Abbiamo pagato una guida che ci ha spiegato la storia della città e dei quartieri; non abbiamo pagato nemmeno tanto e la giovane signora è stata brava ed esaustiva e rispondeva a tutte le nostre domande. Finita la visita guidata, abbiamo deciso di vedere i negozi. Matera è piena di negozietti d’artigianato di ogni tipo: dai gioielli alle sculture e lampade in tufo; dai caratteristici fischietti souvenir ai timbri per il pane che conoscevo già perché li avevo visti in un programma televisivo; per non escludere poi tutti i prodotti tipici culinari: le variegate marmellate, il miele di api, i peperoni cruschi, l’olio extravergine, il pane tipico lucano e i formaggi. Il negoziante dei prodotti tipici ci raccontò che una volta creavano delle bambole fatte di caciocavallo e che oggi non le fa più nessuno. Mi è dispiaciuto le avrei mangiate volentieri. Mi avrebbero riportata all’infanzia. Nella città di mia nonna ricordo quando ero piccola che quando c’era la fiera le bancarelle vendevano i cavalli fatti con il caciocavallo. È stato un tuffo nel passato.
Mentre passeggiavamo e vedevamo i negozi abbiamo persino incontrato Vittorio Sgarbi. Lo salutavano tutti e noi ci siamo fatti una foto insieme a lui.
Arrivate le sei del pomeriggio siamo dovuti andare via, ci attendeva un lungo viaggio di ritorno. Anche se siamo stati solo un giorno è stata una domenica favolosa, i materani sono gente squisita e alla mano, sono cortesi e disponibili a parlare. Sono felice perché grazie alla mia parrocchia e ai viaggi che organizza, riusciamo a vedere e conoscere posti bellissimi, pieni di fede e di storia, come Matera.

Il progetto www.matera2019storytelling.it va avanti e si arricchisce di una nuova tappa. Pubblichiamo, infatti, la sintesi delle interviste che abbiamo realizzato in questi mesi per raccontare Matera Capitale europea della Cultura 2019.In questo video abbiamo raccolto le sensazioni di turisti e viaggiatori. Insieme a loro anche lo sguardo dei materani che assistono ai cambiamenti della loro città.Ci sono tante reazioni positive intorno a tutto ciò che riguarda la città Capitale europea della Cultura e ci sono anche commenti che consigliano miglioramenti ulteriori. Un’analisi che il progetto Matera2019Storytelling mette a disposizione delle comunità coinvolte in questo evento e non solo. Questa è una delle tappe che arricchiscono il percorso di www.matera2019storytelling.it.

Il sito www.matera2019storytelling.it è un meccanismo innovativo di promozione culturale circolare, ideato e realizzato dalla società cooperativa Officine delle Idee. È il mezzo attraverso cui i turisti, i visitatori, i cittadini di Matera avranno l’opportunità di raccontare le proprie esperienze trasformandosi in narratori. Invogliando chi viene a conoscenza di questa esperienza a ripeterne il percorso e a documentarlo a sua volta, incentivando così il racconto collettivo e corale.

Un progetto utile per le istituzioni che avranno la possibilità di fare percorsi ancor più condivisi con la società civile, le imprese e tutti gli attori pubblici e privati coinvolti nella programmazione e gestione del patrimonio e dell’eredità culturale, ma anche un progetto che vuole promuovere sinergie tra Matera 2019 Capitale Europea della Cultura e le altre regioni del sud Italia, utilizzando la leva del viaggio e del suo racconto per incentivarne il coinvolgimento.

Partecipare al progetto “Matera 2019 Storytelling” è semplicissimo basta andare sul sito www.matera2019storytelling.it, visionare il regolamento e inviare il proprio racconto.

Sono passato da Matera per casualità quando ho accompagnato la mia ragazza che aveva un colloquio di lavoro, in un giorno qualunque di inizio autunno. Ne avevo sentito molto parlare. Le difficoltà avute quando la parte vecchia si è spopolata, e la nuova luce datagli dopo il film di Mel Gibson The Passion.
Decido di fare una passeggiata mentre la mia ragazza fa il colloquio.
Passeggiando per il corso mi sono imbattuto in una Chiesa: la Chiesa del Purgatorio Nuovo dove la facciata si caratterizza dalle decorazioni con il tema della morte. Sul portale sono incisi il simbolo del teschio e le tibie incrociate. Lì per lì mi è sembrato strano, del tutto particolare che una Chiesa raccontasse in maniera così esplicita della Morte. Un aspetto se minaccioso da un lato, intrigante dall’altro.
A rafforzare questo aspetto è che sulla facciata centrale sopra il portale, appare la scritta latina: “Miseremini mei, miseremini mei saltem vos, amici mei”. Che significa “Pietà, pietà di me, almeno voi amici miei”. Sembra che più che rivolgersi alla pietà e misericordia di Cristo, quella scritta si rivolgesse agli amici e persone defunte, in segno di buono augurio e protezione.
Sopra la scritta due scheletri. Uno dei due scheletri ha la falce in mano, l’altro tiene in mano a qualcosa. Questi due scheletri si appoggiano ad uno stemma. Nello stemma sembra essere raffigurata la figura di una persona a mezzo busto con le mani conserte e il viso inclinato quasi a chiedere pietà. E la parte finale del corpo non si vede perché cinto di fuoco. Sopra lo stemma un’altro teschio e la data di quella che credo sia la realizzazione dell’opera “AD 1747”.
Il colloquio della mia fidanzata era finito, mi credete se vi dico che sono rimasto tutto il tempo a guardare quella facciata?