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Mery Casella

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Il borgo di Precacore si trova in cima ad un cocuzzolo di roccia e in posizione panoramica sul letto della Fiumara La Verde e sui paesi circostanti.

Precacore e l’attuale abitato di Samo (in provincia di Reggio Calabria) si fronteggiano, divisi dal vallone Santa Caterina.

Il borgo è facilmente raggiungibile a piedi, seguendo un suggestivo sentiero che si inerpica sui fianchi del pendio sul quale insistono i ruderi dell’antico centro. Tra le sue case ormai dirute, spiccano due chiese che negli ultimi anni sono state recuperate con interventi che hanno rinforzato tetti e pareti non snaturando la struttura originaria: la Chiesa di San Giovanni Battista e quella di S. Sebastiano che presenta ancora visibili affreschi del quattrocento.

I ruderi del castello Pitagora, lo scheletro di qualche antica casa, ma soprattutto i vicoli caratteristici che lasciano immaginare la vecchia Precacore nella sua piena vitalità, accompagnano una passeggiata che regala l’emozione di un ambiente unico e una vista panoramica eccelsa.

Matisse è uno dei più grandi artisti del Novecento, ma di lui è ancora trascurata una parte importante di produzione.

La figura di Matisse scultore non è, infatti, molto conosciuta.
Sebbene la pittura sia sempre rimasta la sua modalità espressiva principale, egli condusse in contemporanea una riflessione sulla scultura che fa di lui uno degli artisti più completi del secolo scorso.

Dall’indagine sul corpo, la postura, il gesto o la fisionomia, Matisse ha sviluppato un percorso di riduzione geometrica dell’immagine che lo ha portato verso un’astrazione ai limiti del radicale.
Come l’artista stesso affermò nel 1908 nelle sue Notes d’un peintre: «ciò che mi interessa di più non è né la natura morta né il paesaggio, è la figura».

Per la prima volta in Italia, dal 14/07/2023 al 12/11/2023, il Museo MAN di Nuoro dedica una mostra alla scultura di Henri Matisse.

Attraverso trenta sculture e una ventina tra disegni, incisioni, oltre a fotografie d’epoca e pellicole originali, la scultura di Matisse viene posta in relazione alle sue magnifiche ossessioni legate alle forme femminili, alla ricerca fisiognomica sulle modelle, alle attitudini e alla plasticità dei volumi.

Autrice di una delle icone più celebri del secolo, la toccante Migrant Mother scattata nel 1936, Dorothea Lange è una delle protagoniste della fotografia documentaria del Novecento.

Questa fotografia è l’immagine identificativa della Grande Depressione: mostra una donna che incarna la sofferenza di un’intera nazione, ma anche una madre che è ancora in grado di proteggere i suoi figli, nonostante tutto.

Ha scosso le coscienze individualiste degli americani e li ha obbligati moralmente a una reazione positiva di fronte a quello che stava accadendo: in altre parole, è diventata uno strumento politico di straordinaria efficacia.

Fu scattata dalla Lange a Nipomo, nell’Imperial Valley, nei primi giorni di marzo del ‘36: la fotografa stava transitando con la sua auto nei pressi di un campo che ospitava oltre duemila braccianti impiegati nella raccolta dei piselli precoci.

Il gelo aveva appena distrutto gran parte della produzione e la situazione stava peggiorando di giorno in giorno.

Il Borgo dei Borghi 2023 è Ronciglione. Il paese in provincia di Viterbo ha vinto la decima edizione del concorso. Un motivo in più per andarne a scoprire le bellezze, le tradizioni, il patrimonio storico artistico.

Ronciglione ha una parte più antica fatta di caratteristici vicoli, piazze e scorci mozzafiato e una parte rinascimentale in cui spiccano i palazzi nobiliari del 1500 voluti dalla famiglia Farnese.

L’arrivo della primavera, l’avvento delle temperature miti è l’occasione migliore per organizzare una gita fuori porta alla scoperta del borgo medievale a due passi dal lago di Vico. E’ il paese originario del cantante Marco Mengoni, è il paese del Carnevale, un luogo sospeso nel tempo, la cui storia è legata alla famiglia Farnese.

Ronciglione, infatti, è stata parte del Ducato di Castro e Ronciglione e, ancora oggi, sfoggia la sua architettura medievale e le sue origini etrusche.

Milan Kundera è stato uno scrittore, poeta, saggista e drammaturgo francese di origine cecoslovacca ed etnia ceca.

Vogliamo ricordarlo analizzando la sua opera più nota: L’insostenibile leggerezza dell’essere, scritta nel 1982 e pubblicata per la prima volta in Francia nel 1984.

È il 1968, siamo a Praga. In questo periodo la Cecoslovacchia affronta il momento dell’invasione russa. I protagonisti sono quattro: Tomas, un chirurgo; Tereza, la sua compagna, fotografa; Sabina, la sua amante, pittrice; Franz, amante di Sabina, docente. La storia ruota attorno alle vicende dei personaggi e potete starne certi, questo fatto storico cambierà le loro vite.

Nella copertina, l’editore Adelphi sceglie di inserire “La puberté proche (Le pleiadi)” di Max Ernst, dove una sensuale figura femminile fluttua nello spazio contro la forza di gravità, mentre un masso cade inesorabilmente verso il basso, senza alcun potere di scelta.

Entrambe le opere, affrontano la condizione umana e l’identità in un modo profondo e complesso. Alcuni dei temi principali sono la libertà individuale, la riscoperta di se stessi, i desideri repressi, il destino e la casualità della vita.

Maratea è stata inserita nell’elenco dei Borghi più Belli d’Italia.

Si tratta di un percorso per la valorizzazione del suo patrimonio storico e paesaggistico del quale fa parte anche la candidatura a Capitale Italiana della Cultura per l’anno 2026.

Il dossier per la candidatura di Maratea a Capitale Italiana della Cultura 2026 sarà presentato nel mese di settembre.

Il Sindaco Daniele Stoppelli scrive: “Maratea, candidata a Capitale Italiana della Cultura per l’anno 2026, prosegue nel percorso per la valorizzazione del suo patrimonio storico e paesaggistico. L’inserimento nell’elenco dei Borghi più Belli d’Italia certifica che la città ha le carte in regola per scommettere sulla cultura come strumento di sviluppo e di innovazione sociale ed economica.

Maratea è un luogo riconosciuto, ben presente nell’immaginario del Paese, ospitale e suggestivo.

Da questi punti di forza muove il cammino per la costruzione di un futuro sostenibile, che tuteli e valorizzi il patrimonio di Maratea che, da oggi, è ufficialmente riconosciuta come uno de I Borghi Più Belli D’Italia”.

Arriva a Camera – Centro Italiano per la Fotografia, dal 19 luglio all’8 ottobre, la retrospettiva dedicata a Dorothea Lange.

Autrice di una delle icone più celebri del secolo, la toccante Migrant Mother scattata nel 1936, Lange è una delle protagoniste della fotografia documentaria del Novecento.

Questa fotografia è l’immagine identificativa della Grande Depressione: mostra una donna che incarna la sofferenza di un’intera nazione, ma anche una madre che è ancora in grado di proteggere i suoi figli, nonostante tutto.

Ha scosso le coscienze individualiste degli americani e li ha obbligati moralmente a una reazione positiva di fronte a quello che stava accadendo: in altre parole, è diventata uno strumento politico di straordinaria efficacia.

Fu scattata dalla Lange a Nipomo, nell’Imperial Valley, nei primi giorni di marzo del ‘36: la fotografa stava transitando con la sua auto nei pressi di un campo che ospitava oltre duemila braccianti impiegati nella raccolta dei piselli precoci.

Il gelo aveva appena distrutto gran parte della produzione e la situazione stava peggiorando di giorno in giorno.

Alla fine del romanzo più famoso di Milan Kundera, L’insostenibile leggerezza dell’essere, il protagonista Tomáš ammette di essere felice: “Ma è una felicità paradossale, la sua. Ottenuta non malgrado il suo scetticismo, ma grazie ad esso. Tomáš si sente felice nel momento in cui perde il lavoro e tutto ciò che ha considerato come la propria missione. Bisogna piantarla di pensare che l’ottimismo sia legato alla felicità e lo scetticismo all’amarezza. Direi quasi che è vero il contrario”.

Lo scettico Milan Kundera se n’è andato l’11 luglio a Parigi (dove era emigrato nel 1975), all’età di 94 anni. Ma la sua voce si era spenta da tempo. Era del resto sempre stato un uomo molto riservato. In un’intervista a Philip Roth, aveva confessato: “Quando ero un ragazzino, sognavo un miracoloso unguento che mi avrebbe reso invisibile. Poi sono diventato adulto, ho iniziato a scrivere, e ho voluto avere successo. Ora che sono conosciuto vorrei avere un unguento che mi renda invisibile”.

È stato un grande scrittore, uno dei più grandi della seconda metà del Novecento. Romanzi come Lo scherzo (1967), Gli amori ridicoli (1972: il libro che preferiva perché “legato al periodo più felice della mia vita”), La vita è altrove (1973), e L’insostenibile leggerezza dell’essere (1984) e i racconti de Il libro del riso e dell’oblio (1978), tutti pubblicati in italiano da Adelphi, pur essendo cambiato profondamente il contesto storico nei quali sono nati, rimangono attuali per la bellezza della scrittura, la costruzione dei personaggi e la profondità delle riflessioni filosofiche. Tutti fanno i conti con la morte della cultura nella nostra epoca.

Kundera ha portato l’Europa Centrale all’attenzione dei lettori di quella dell’Ovest, e l’ha fatto con intuizioni universalmente riconosciute nel loro fascino. Il suo richiamo alla verità e alla libertà interiore senza la quale la verità non può essere riconosciuta, la consapevolezza che nel cercare la verità si debba essere preparati a scendere a patti con la morte.