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Mery Casella

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Uno scatto per fermare il tempo che fugge… questo è l’obiettivo di Branzi che ha colto questo istante nel 1954, in un vicolo di Comacchio.

Una fotografia, come una metafora.

Branzi narra cosa c’è dietro quello scatto iconico: «Mi sorpassa un ragazzotto con sulle spalle un enorme orologio. Grande e rotondo, come quelli che si usava portare nella tasca della giacca appeso a una robusta catenella, un barbazzale d’oro per i benestanti. Funziona, sento il tic-tac, ma le lancette sono irrequiete, saltellano irregolarmente ad ogni sobbalzo. Convinco il ragazzo a fermarsi e farsi fotografare. C’è un’ampia pozzanghera sulla stradina, al centro di una quinta di muri corrosi. Il quadrante si riflette nello specchio d’acqua, si sdoppia, mi offre la chiave di lettura che cercavo di questo intrigante lembo di terra, dove il tempo sembra essersi fermato, sospeso in un silenzio d’acquario, una muta inquietudine metafisica.

Altri ragazzi non si tirano indietro, vogliono farsi fotografare. Cerco altre soluzioni formali, ma avverto che i primi scatti hanno già dato la risposta che cercavo.

È il tardo pomeriggio e la luce sta calando velocemente. Sopraggiunge un adulto che preleva il bizzarro orologio fuori misura, che segna il tempo con emblematica indefinitezza, lo porta alla sua naturale destinazione: insegna pubblicitaria di un orologiaio».

Sapevate che la fondazione della Chiesa di San Nicola di Bari è legata alla nascita di Siderno?

L’edificio fu ricostruito con chiara ispirazione tardo rinascimentale. Al centro, preceduto da una breve scalinata, si apre il portale in pietra litica ornato da colonnine con capitello ionico. In una piccola nicchia sul portale è collocata una statuetta marmorea quattrocentesca raffigurante San Nicola.

L’interno della chiesa è a pianta basilicale, tre navate divise da due file di pilastri in pietra locale che sorreggono quattro arcate a tutto sesto. Dietro l’altare, nella parte terminale della profonda abside, è collocato il grandioso fastigio architettonico che adorna il dipinto della Madonna della Consolazione con cornice in oro zecchino. Ai lati della grande pala d’altare sono collocate tele sei-settecentesche di bottega napoletana raffiguranti il Martirio di San Gennaro, il SS Sacramento, l’Assunzione della Madonna, l’Adorazione dei Magi, San Vincenzo Ferreri, la Madonna delle Grazie.

La chiesa custodisce inoltre la statua marmorea di Santa Caterina d’Alessandria.

Conoscete la Monna Lisa del Nord Europa?

Si tratta della fanciulla dipinta da Jan Vermeer nel lontano 1665-66.

Il quadro rappresenta una fanciulla su uno sfondo scuro, di mezzo busto di profilo e la testa ruotante di tre quarti che guarda verso lo spettatore, illuminata da una luce proveniente da sinistra.

Il turbante era un indumento inusuale per l’epoca, di colore blu. Il fondo scuro mette molto in risalto le zone di luce e, ad aumentare il fascino del ritratto, è il fatto che non si conosce ufficialmente chi sia la fanciulla ritratto, né le circostanze della commissione.

Essendo un tronien (un genere della pittura olandese caratterizzato da ritratti di soggetti in costumi storici o esotici), è molto probabile che la fanciulla sia frutto dell’immaginazione dell’artista, tuttavia non è raro che per i ritratti posassero persone in carne ed ossa, per cui il fatto che la ragazza col turbante sia realmente esistita non è da escludere.

A far speculare molti sull’origine del soggetto è il fascino sprigionato dal suo viso, che sembra brilli di luce propria. Grazie allo sguardo malinconico e vagamente seducente, il dipinto si guadagnato l’appellativo di “Mona Lisa del Nord”.+

Gli occhi verdi indimenticabili, la luce perfetta, l’inquadratura ideale…
Sharbat Bibi è la ragazza afgana fotografata da Steve McCurry per National Geographic. Si tratta di uno degli scatti più noti della storia contemporanea.

Realizzata nel 1984 dal fotografo statunitense, la fotografia è frutto di un reportage nei campi profughi allestiti lungo la frontiera afgano-pakistana. McCurry la realizzò in una classe, in una di quelle scuole di fortuna per rifugiati. Perché scelse proprio Gula lo spiegò successivamente:

“Mi accorsi subito di lei. Aveva un’espressione intensa, tormentata e uno sguardo incredibilmente penetrante”. Il motivo del successo dell’immagine è, ancora una volta, nelle parole dell’autore: “per un istante tutto era stato perfetto, la luce, lo sfondo, l’espressione dei suoi occhi”.

Oggi vi portiamo nella città dell’amore: Belvedere Marittimo (CS)

Perché detiene questo appellativo?

Non tutti sanno che in questo meraviglioso borgo calabrese, nel Convento dei Frati Cappuccini, si conservano le reliquie del Santo più noto tra gli innamorati: San Valentino.

Il 27 maggio 1710 il sig. Francesco Cipollina, consegnò a Padre Samuele del convento dei Padri Cappuccini di Belvedere un’ampolla con sangue e frammenti di ossa di San Valentino.

Il reliquiario è stato poi rinvenuto nel Convento nel 1969, da Padre Terenzio Mancina in seguito alla rimozione delle tele di San Francesco e San Daniele, che si trovavano nella pala centrale. L’autenticità delle reliquie, è confermata dalla lettera inviata dagli uffici papali, dal cardinale Gaspare del Carpine. Essa è datata 26 maggio 1700 e inviata al sig. Valentino Cinelli.

Proprio per questo motivo, ogni anno, il 14 febbraio viene celebrata una santa messa per le coppie che intendono rinnovare la loro promessa d’amore davanti al “santo degli innamorati”.

Oggi vi parliamo di una copertina che coglie perfettamente l’umore della sua celebre autrice.

Un libro tragico la cui copertina originale presenta il titolo realizzato in caratteri gotici, di colore nero, e con uno sfondo di una tonalità di rosa ormai “appassita”, che somiglia quasi ad una macchia del tempo che fu.

La storia contenuta tra queste pagine, infatti, è il riassunto di molte esperienze vissute in prima persona dall’autrice, esperienze sicuramente tragiche che l’hanno portata a mettere fine alla sua vita con le proprie mani, dopo essersi sentita probabilmente per troppo tempo all’interno di una campana di vetro.

Oggi ci addentriamo nel mondo della scultura con una curiosità che riguarda il famoso David di Michelangelo.

La lastra di marmo utilizzata da Michelangelo per realizzare questa celebre scultura, nel 1504, fu tagliata 43 anni prima.

Tale operazione servì ad un’artista di nome Agostino di Duccio, il quale progettava di utilizzarla per la realizzazione di una statua di Ercole. Ma, in seguito, Di Duccio abbandonò l’idea di realizzare questa scultura, la quale sarebbe stata inserita in una cattedrale fiorentina.

Successivamente il marmo rimase inutilizzato per 10 anni. Fu, poi, adoperato dall’artista Antonio Rossellino che, trovandolo troppo difficile da scolpire, abbandonò il suo lavoro.

Soltanto nel 1501 venne finalmente utilizzata da Michelangelo Buonarroti, il quale iniziò a lavorare alla sua scultura.

Oggi parliamo del bacio più famoso della storia.

Improvvisamente un bacio tra la folla che festeggia la fine della Guerra, a poche ore dall’annuncio del Presidente Truman della firma della resa del Giappone.

È il giorno della Vittoria.

Ma chi sono i due protagonisti di questo bacio col casqué? Non è questo che conta e Eisenstaedt non ha avuto tempo per chiederlo. L’energia che sprigiona la coppia effimera, incurante di chi guarda sorridendo, è la forza della vita dopo anni di guerra e morte. È la gioia del ritorno a casa per sempre, ed è questo che cattura Eisenstaedt con la sua abilità di grande fotografo.

Un’immagine che diventa simbolo di pace proprio grazie ai 2 protagonisti, un marinaio e un’infermiera, in cui tutti gli Stati Uniti si riconoscono.

La fotografia, scattata a New York sulla 5th Avenue, l’arteria principale della città dove sfileranno i soldati per la parata della Vittoria, diventerà tra le più celebri di ogni tempo, fino ad essere il soggetto di una statua, spunto per numerosissime pubblicità e citazioni cinematografiche.

Il culto di S. Giorgio venne importato ad Oriolo nel periodo normanno e si consolidò soprattutto nel ‘600. La famiglia Pignone del Carretto, che dominava Oriolo dal 1552, aveva una salda devozione al Santo di Cappadocia e, in occasione della festa annuale, mandava gli uomini del “Battaglione ”di scorta al Santo.

La tradizione della scorta al Santo è stata conservata nel tempo e, ancora oggi, il giorno della festa patronale, la ” Guardia ” di S. Giorgio marcia davanti la statua per l’intera processione.

La festa di S. Giorgio ha tradizionalmente richiamato molti devoti soprattutto di origine italo-albanese, che partecipavano ai riti e alla processione vestendo i loro preziosi costumi tradizionali.

Una delle tradizioni più solide è la presenza dei “sunacchiari” (suonatori di cornamuse) che seguono costantemente la statua del Santo, diffondendo nenie che ricordano il passato e i monti coperti di neve.

La processione, che si snoda innanzitutto per le vie del Centro storico (la Terra) ed annunciata dalla Guardia dell’ Ottocento, è aperta dal “giocatore del Palio”. Un dèvoto riesce a fare piroette con una pertica di quattro metri, ricoperta da un panno, una volta con l’immagine di S. Francesco da Paola, sormontata da un globo su cui svetta una Croce barocca. Dopo la banda e a ridosso della statua settecentesca, una volta d’argento (1695), marcia il secondo gruppo di “guardie” indossanti l’uniforme spagnola tipica del 1595.

La copertina di Shirley Smith è semplice e indimenticabile. La traduzione del titolo originale di questo romanzo Premio Pulitzer è “Uccidere un usignolo”. Un titolo fortemente simbolico al quale si fa spesso riferimento all’interno del libro: l’usignolo è un animale innocuo che si ciba di insetti ed emette un canto delizioso per questo motivo ucciderlo equivale a commettere un grave peccato.

Una metafora che paragona l’uccisione di un animaletto indifeso alla morte di Tom Robinson, giudicata altrettanto inutile e ingiusta.

In italiano è stato tradotto “Il buio oltre la siepe” e non si tratta di un titolo casuale, infatti, la protagonista Scout dice apertamente che il buio oltre la siepe è ciò che è sconosciuto pur essendo vicino.

Un romanzo che tocca una tematica scottante negli anni Trenta negli Stati Uniti: il razzismo. Un romanzo imperdibile con una copertina semplice ma efficace.