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Francesco Cangemi

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La 32/a edizione di Ravenna Festival, dedicata a Dante a 700 anni dalla morte, dal 2 giugno al 31 luglio e poi con la coda autunnale, porterà nella città romagnola circa 1.200 artisti, in 18 luoghi di spettacolo e in 121 appuntamenti. “Ridiamo agli artisti la dignità del lavoro”, ha detto il Sovrintendete di Ravenna manifestazioni Antonio De Rosa alla presentazione.

Riccardo Muti sarà una delle presenze carismatiche: dopo l’anteprima del 9 giugno con i Wiener Philharmoniker, il maestro tornerà a guidare la sua Orchestra Cherubini nel concerto dell’Amicizia fra i popoli, quest’anno ancora in Armenia, dove dirigerà un brano del compositore armeno Tigran Mansurian ispirato al Purgatorio dantesco. La composizione fa parte di un trittico che comprende anche un brano ispirato all’Inferno da Giovanni Sollima e un altro al Paradiso scritto da Valentin Silvestrov. Muti tornerà il 12 settembre per dirigere le Laudi alla Vergine Maria di Verdi, evento di chiusura delle celebrazioni dantesche. Da sempre attento alla danza, il Festival riproporrà quest’anno il beckettiano L’heure exquise coreografato nel 1998 da Maurice Bejart col quale Alessandra Ferri celebra quarant’anni di carriera e un omaggio a Don Juan, un lavoro del coreografo Johan Inger per Aterballetto. Accanto ai concerti diretti da Muti, la sezione sinfonica presenta l’Accademia Bizantina diretta da Ottavio Dantone in una formazione per la prima volta allargata per poter eseguire un repertorio romantico con brani di Mendelssohn e Schumann. Il rapporto tra Dante e la musica sarà approfondito anche dalla voce di Neri Marcorè che attraverso alcune canzoni darà vita ad alcune figure femminili della Divina Commedia, mentre due attrici, Chiara Muti ed Elena Bucci, reciteranno nello spettacolo Lumina in Tenebris ispirato al Paradiso.
Non mancheranno manifestazioni dedicate a Lucio Dalla, a Fabrizio De André e a Enzo Jannacci.

Inaugurata a Firenze la mostra storico documentaria “Antologia: un’agorà per l’Italia e per l’Europa” in occasione dei 200 anni dalla fondazione dell’antica e prestigiosa rivista culturale di Giovan Pietro Vieusseux. In questo modo, la Fondazione Spadolini ‘Nuova Antologia’ ed il Gabinetto Vieusseux di Firenze omaggiano la prestigiosa testata di cui le riviste Nuova Antologia e Antologia Vieusseux sono eredità diretta.

L’esposizione rimarrà aperta al pubblico fino a giugno 2022, dal lunedì al giovedì e sarà presto disponibile sui canali YouTube della Fondazione Spadolini Nuova Antologia e del Gabinetto Vieusseux.
Nata nel gennaio del 1821 per offrire traduzioni di articoli di giornali stranieri, l’Antologia si apre presto ai contributi di autori italiani, affrontando l’attenta e sospettosa vigilanza della censura nell’Italia risorgimentale preunitaria. “L’idea di un giornale di dimensione europea era sorta già nel 1819 – spiega Gloria Manghetti, direttrice del Gabinetto Vieusseux – ne era fautore il marchese Gino Capponi: progetto maturato e definito a Londra nei colloqui con Ugo Foscolo. La mostra si apre con la nascita della rivista. Ideatori Capponi e Foscolo; realizzatore Vieusseux, moderno imprenditore di cultura”.
“L’esposizione è articolata sulle grandi tematiche sollevate e discusse – spiega il professor Cosimo Ceccuti, presidente della Fondazione Spadolini -. Sui tavoli alcuni volumi contenenti articoli relativi a: Dante e la sua difesa, da Giuseppe Mazzini a Niccolò Tommaseo; la questione della lingua e l’esigenza di un vocabolario; l’istruzione e l’educazione estesa alle donne e ai contadini; la lotta per la libertà della Grecia e della Polonia; la pena di morte; la tutela del patrimonio artistico; la libera concorrenza in economia e la nascita delle casse di risparmio; la scienza nelle sue molteplici espressioni, dalla medicina alla statistica, dalla meteorologia all’agricoltura. La stretta connessione fra la rivista e il Gabinetto è espressa da due frequentatori di eccezione: Giacomo Leopardi e Alessandro Manzoni, impegnato nel 1827 a rivedere con gli amici del Circolo dell’Antologia i Promessi Sposi, recensito con qualche riserva da Niccolò Tommaseo. Fra i giovani promettenti, Giuseppe Mazzini.

Particolare attenzione è riservata nella mostra ai rigorosi controlli della censura, con tagli e modifiche agli articoli sottoposti all’autorizzazione preventiva. Fino alla stretta finale del 1832-1833, suscitata dagli attacchi violenti dei giornali La Voce della Ragione di Modena e La Voce della Verità di Pesaro, diretta dal reazionario Monaldo Leopardi, padre di Giacomo.

Nella riscoperta critica che negli ultimi decenni ne ha consacrato il riconoscimento tra le più originali ricerche sulle potenzialità del medium fotografico in Italia, la vicenda creativa di Franco Vimercati (1940-2001) è stata spesso avvicinata all’opera pittorica e incisoria di Giorgio Morandi, pur nella differente elezione del linguaggio espressivo. Le poetiche dei due autori trovano un’occasione di accostamento nella mostra ‘Vimercati – Morandi.

Ripetizioni differenti’ allestita a Casa Morandi, l’abitazione atelier di via Fondazza dove il maestro bolognese visse e lavorò dal 1910 al 1964. Il progetto espositivo, a cura di Lorenzo Balbi e promosso da Istituzione Bologna Musei-Museo Morandi con la collaborazione di Archivio Franco Vimercati e Galleria Raffaella Cortese, è aperto dall’8 maggio al 18 luglio nell’ambito della nona edizione di Art City Bologna, il programma istituzionale di mostre e iniziative speciali promosso dal Comune nell’ambito di Bologna Estate. Le 23 foto di Vimercati esposte – tre dalla serie Senza titolo (Fiori), 6 dalla serie Senza titolo (Vaso) e la serie completa di 14 immagini del corpus Senza titolo (Brocca) – sono state selezionate per richiamare una diretta corrispondenza tematica con alcuni dei soggetti prediletti da Morandi nella sua indagine pittorica, di cui a Casa Morandi si conservano alcuni esemplari originali. Mentre Vimercati, attraverso l’operazione fotografica, indaga il tema della luce e del movimento di uno stesso oggetto (fiore, bottiglia o vaso), ripreso centinaia di volte in bianco e nero mentre generalmente sembra “galleggiare” sospeso su un fondo prevalentemente scuro, Morandi, attraverso il suo pennello, si concentra maggiormente su composizioni di oggetti collocati sul tavolo e indagati nelle loro relazioni spaziali, tonali e luministiche.

Cento scatti che documentano il periodo d’oro del cinema, dell’arte, della letteratura e della moda nei primi decenni del secondo dopoguerra, quando Roma e l’Italia divennero uno dei poli principali della vita culturale internazionale. Questa particolare pagina di vita culturale filtrata dall’obiettivo di Elisabetta Catalano si snoda nelle sale della Casa della Fotografia dell’Accademia delle Arti, uno dei musei più prestigiosi di Tashkent, capitale dell’Uzbekistan.

La mostra “Sguardi romani”, promossa dall’Ambasciata Italiana e curata dall’Archivio Catalanoe da Olga Strada, ripercorre attraverso le immagini fissate dall’artista romana, morta nel 2015 a 75 anni, il clima di quell’epoca nella quale spiccarono i maestri del cinema. Lavorando a stretto contatto con Federico Fellini e conoscendo moltissime personalità del jet set internazionale, la grande fotografa fu testimone privilegiata di quel periodo. La sua vocazione particolare per il ritratto le consentì di trasmettere in maniera autentica non solo l’atmosfera di quegli anni, ma anche il carattere dei personaggi. Gli organizzatori sottolineano che la mostra, primo significativo evento culturale in presenza organizzato dall’Italia in Uzbekistan dall’inizio della pandemia, ”è stata altamente apprezzata sulla scena culturale di Tashkent per la qualità e l’originalità di un’iniziativa del tutto nuova per la realtà uzbeka”.
Ad inaugurarla l’ambasciatore in Uzbekistan, Agostino Pinna, insieme con il presidente dell’Accademia delle Arti.

Un team di ricercatori indipendenti ha aperto la strada per la fruizione di uno dei pezzi più evocativi della collezione del Tesoro di Sant’Eufemia, attualmente conservato al British Museum di Londra, ente cui è stato ceduto dagli allora proprietari verso la fine dell’Ottocento: la ricostruzione digitale del diadema è stata possibile grazie alla sperimentazione di un approccio basato esclusivamente sull’impiego delle fonti indirette, coincidenti con immagini di archivio. Lo annuncia una nota.

Di recente pubblicato quale articolo di copertina dalla rivista di settore Archeomatica, l’articolo scientifico “Il tesoro di Sant’Eufemia rinasce in 3d – Esempio di digitalizzazione di reperti non direttamente fruibili” illustra nel dettaglio il risultato dell’attività coordinata da tre ricercatori indipendenti: Francesco La Trofa, consulente e divulgatore delle tecnologie 3D; Gabriele Simonetta, designer esperto in modellazione 3D; Felicia Villella diagnosta attiva nel settore dei beni culturali calabresi, nel cui contesto rientra il tesoro di Sant’Eufemia.
“L’obiettivo del lavoro – spiega il team di ricerca – consiste nell’individuazione di un metodo che consenta di lavorare indirettamente sui reperti, sfruttando in prevalenza le immagini fotografiche già disponibili. La pipeline di lavoro comprende in gran prevalenza tecniche di elaborazione tridimensionale già utilizzate in altri ambiti. Si tratta di una complessità multidisciplinare finalizzata a semplificare sia tecnologicamente che economicamente la creazione di asset che potrebbero garantire ai musei molte nuove possibilità di studio e fruizione dei reperti”.
Oltre ad affinare i processi relativi al caso pilota del diadema del Tesoro di Sant’Eufemia, il team di ricerca sta valutando nuove opportunità per estendere l’applicazione del metodo ad intere collezioni, con un approccio di gestione del modello 3D capace di supportare soluzioni innovative nell’ambito della musealizzazione dei reperti.

Nino Manfredi, Giulietta Masina e Alida Valli: tre grandi protagonisti dello spettacolo italiano ai quali il 30 aprile 2021 sono stati dedicati tre appositi francobolli, validi per la posta ordinaria.
I francobolli celebrano il centenario dalla nascita dei tre attori: le vignette mostrano per ciascun attore o attrice un ritratto entro una cornice che ricorda la pellicola cinematografica; in altri viene riprodotta anche la firma.

I bollettini illustrativi dei tre francobolli sono firmati dai nipoti dei commemorati: Simone Olivieri per Manfredi, Simonetta Tavanti per Giulietta Masina e Pierpaolo de Mejo per Alida Valli.
Alida Valli, grande attrice teatrale, ha recitato anche in 120 film dove è stata diretta da grandi registi come Hitchcock (”Il caso Paradine”), Visconti (”Senso”), Pasolini (”Edipo re”), Bertolucci (”Novecento”) e molti altri. Di Giulietta Masina sono nella memoria di tutti soprattutto i film firmati dal marito e regista Federico Fellini, come ”La strada”, ”Le notti di Cabiria”, ”Giulietta degli spiriti”, ”Ginger e Fred”. Anche Nino Manfredi ha debuttato dapprima sul palcoscenico per poi passare al cinematografo, dove ha recitato in film famosissimi come ”L’audace colpo dei soliti ignoti”, ”Gli anni ruggenti”, ”Straziami ma di baci saziami”, ”Nell’anno del signore”, ”Pane e cioccolata”, ”Brutti, sporchi e cattivi” (ma sono piu’ di un centinaio le pellicole dove compare)

Un biglietto sospeso, come il caffè, per offrire un film a chi non se lo può permettere: è l’iniziativa lanciata dal cinema Anteo che il Primo maggio ha festeggiato i 42 anni dalla fondazione.

Chiunque lo desideri potrà offrire un biglietto del cinema – al prezzo ridotto di € 4,50 – a una persona sconosciuta.
L’iniziativa è in vigore in tutte le sale Anteo, da domani per le sale di Milano (Anteo Palazzo del Cinema, CityLife Anteo) e da mercoledì 5 maggio per le sale di Cremona (spazioCinema CremonaPo), Monza (Capitol Anteo spazioCinema) e Treviglio (Treviglio Anteo spazioCinema).
Il funzionamento è semplice: basta comprare un biglietto sospeso al prezzo ridotto di € 4,50, che sarà conservato dagli operatori di cassa fino al momento in cui non verrà richiesto da un altro spettatore. Il biglietto potrà essere valido per qualsiasi spettacolo della programmazione in corso, a eccezione degli eventi speciali.

Al via i lavori di restauro del sipario storico del Teatro di San Carlo raffigurante il Parnaso, opera di Giuseppe Mancinelli, unico esempio di sipario originario ancora esistente al mondo. Mancinelli, napoletano, figura artistica di spicco della sua epoca lo realizzò nel 1854.

Il Parnaso, rappresenta simbolicamente il luogo che secondo la mitologia greca era consacrato al culto di Apollo e delle Muse. Su questo sfondo ritroviamo disposte l’antica civiltà greco-romana e quella moderna italiana, nei loro massimi rappresentanti: tra essi Omero, Saffo, Erodoto, Socrate, Eschilo, Aristofane, Virgilio, Dante, Petrarca e Boccaccio, solo per citarne alcuni.
L’opera suscitò grande interesse tanto da motivare nello stesso 1854 l’edizione di una ‘Descrizione del Sipario del Real Teatro di S. Carlo dipinto da Giuseppe Mancinelli, direttore della Scuola di Disegno nel R. Istituto di Belle Arti’.

“Sono felice che sia partito il restauro conservativo di un’opera unica come il sipario del Mancinelli – afferma il sovrintendente del Teatro di San Carlo Stéphane Lissner – la cui bellezza potremo riammirare presto assieme allo splendore di tutta la sala del San Carlo.” Il sipario storico – largo 17 metri e alto 12 metri – è parte integrante della sala del teatro assieme al velario di Giuseppe Cammarano ed è stato restaurato una prima volta nel 1987 e successivamente nel 2011. Il restauro attuale è reso possibile grazie all’impegno del mecenate Philippe Foriel -Destez.

I lavori sono frutto di una sinergia istituzionale tra la Fondazione Teatro di San Carlo, la Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio per il comune di Napoli e il Provveditorato Interregionale OO.PP. per la Campania, il Molise, la Puglia e la Basilicata.

Ci sono anche 300 milioni di euro per i parchi e i giardini storici nella parte del recovery plan dedicata alla cultura. Lo sottolinea il ministero di via del Collegio Romano, precisando che lo stanziamento del capitolo da 2,7 miliardi di euro destinati alla valorizzazione dei borghi, sicurezza sismica, patrimonio culturale, rurale e religioso.

Il piano prevede il restauro e la valorizzazione oltreché l’integrazione del censimento già esistente e la conseguente digitalizzazione dei beni culturali che sono all’interno di parchi e giardini. Obiettivo, sottolineano dal ministero guidato da Franceschini, migliorare la fruizione degli spazi, realizzare interventi di restauro sulle componenti architettoniche e monumentali, mettere in sicurezza aree recintate, cancelli d’ingresso, sistemi di videosorveglianza di questi luoghi naturalistici dal grande valore storico. Nasce anche la figura del “giardiniere dell’arte”, una figura che dovrà avere competenze specialistiche e interdisciplinari (storia del paesaggio, giardinaggio, fitopatologia, botanica, agronomia, ecc.), padroneggiando le tecniche, i materiali e le modalità di messa a dimora, cura, prevenzione e rigenerazione degli elementi vegetali di cui sono composti.

Il “giardiniere d’arte” spiegano dal Mic, potrà, così, diventare un professionista che rafforzerà le capacità e le competenze nella gestione e manutenzione delle aree verdi di valore storico e culturale, supportando le amministrazioni locali nella gestione delle problematiche di conservazione di questi beni e colmando la mancanza di competenze specialistiche in questo ambito così importante e che ha rappresentato un’eccellenza nella nostra storia, conosciuto in tutto il mondo: il giardino all’italiana.

Una scuola di lettura per portare nel mondo la “musica poetica” di Dante. A invocarla è stato Roberto Benigni, che ha aperto oggi pomeriggio l’evento organizzato in diretta social dall’Università di Macerata, in collaborazione con il Liceo classico “Leopardi”, per presentare in anteprima nazionale il terzo capitolo del progetto editoriale dedicato alle letture dantesche dell’attore e regista toscano.

Progetto in tre volumi, editi dalla Franco Cesati, che ha preso le mosse nel 2015 su iniziativa di Franco Musarra, professore emerito di letteratura italiana all’Università Cattolica di Lovanio, originario di Apiro. L’intervento di Benigni è stato preceduto dai saluti del rettore Francesco Adornato e della direttrice del Dipartimento di Scienze della formazione, beni culturali e turismo Lorella Giannandrea, a concludere invece le riflessioni di Donato Pirovano, docente di filologia e critica dantesca all’Università di Torino. Un appuntamento che si inserisce nelle celebrazioni per i 700 anni dalla porte del Sommo Poeta. “Vorrei tanto che in Italia ci fosse una scuola di lettura, così come l’America manda nel mondo i suonatori di jazz, noi dovremmo mandare nel mondo la nostra musica poetica più possente che è quella di Dante”, ha spiegato Benigni. “Dovremmo avere – ha sottolineato – una scuola che insegni a suonare lo strumento delle corde vocali, delle note, della musica e dei suoni di Dante, sono stupito per il fatto che una scuola così non ce l’abbiamo, dovremmo davvero fare un passo avanti”. L’attore si è soffermato in particolare sull’uso degli accenti che l’Alighieri fa nella Divina Commedia: “Non si sa come leggere Dante, l’uso dell’io e dell’endecasillabo come si pronuncia? Come si declama? Come lo si legge? Non è facile”. E più in generale, Benigni ha ricordato che “nessuno insegna come si leggono tutti gli accenti della lingua italiana”. Parlando della Divina Commedia, il regista e protagonista de “La vita è bella”, ha spiegato che è “un viaggio della nostra vita, è come uno specchio che riflette e ci fa vedere le parti belle e brutte, per questo non è mai passata di moda”. “Ai ragazzi dico buttatevici dentro, fatevi leggere e scoprirete che è un viaggio per l’essenza della vostra vita. Vi divertirete da morire. Leggere la Divina Commedia è come andare in una soffitta e scoprire tutto di voi stessi”, ha detto Benigni parlando agli studenti che hanno seguito l’evento sui canali social dell’ateneo. “Dante Alighieri, Omero, Shakespeare e Cervantes sono le quattro colonne al di sopra della grande letteratura, sulle quali si regge tutta la nostra visione del mondo occidentale”, ha aggiunto l’attore. Che nei saluti iniziali ha omaggiato Macerata: “Una città letteraria per eccellenza, gioiosa e meravigliosa – ha detto – Se trovassi una casetta a Urbisaglia, ci verrei ad abitare molto volentieri”.