“Signore o signorino? A quanti uomini è mai stata rivolta questa domanda? Se lo chiede Emanuela Lai, attrice, nel pescare uno tra i “grandi classici” del repertorio legato agli stereotipi di genere. E che dire degli intramontabili “donne al volante, pericolo costante”, “Chi dice donna dice danno”.
Tra i luoghi comuni più diffusi: “Ha il ciclo, ecco perché è nervosa”, ” guidi bene per essere una donna” e poi l’immancabile “auguri e figli maschi”. “Parole che feriscono, segnano confini di genere e costringono le donne in ruoli prestabiliti, imprigionandole in una gabbia invisibile”, mette in rilievo Alessandra Addari, coordinatrice sud Sardegna ddi Giulia Giornaliste. Parole che possono uccidere: “È stato un raptus”, “l’ho uccisa per troppo amore”.
“L’origine della violenza sulle donne, degli stupri e dei femminicidi, va ricercata nella dimensione strutturale e simbolica dello squilibrio di potere fra uomini e donne che si nutre di stereotipi e di un linguaggio fondato al maschile – commenta con ANSA Patrizia Desole, presidente del Centro antiviolenza di Olbia Prospettiva Donna – a partire dalle declinazioni, dalle parole, dai modi di dire da mettere al bando. Dalla A alla Z. Per restituire dignità e valore alle donne”. Si sente spesso dire che “chirurga” o “architetta” suonino stonate ma è solo questione di abitudine. Mentre non ci si abituerà mai a frasi come “Guidi bene per essere una donna”, “Resta al tuo posto se non vuoi guai”. Frasi che non si vorrebbero più sentire, tante da comporre un intero alfabeto degli stereotipi.
Lo hanno ricostruito con le loro testimonianze le studentesse Federica Turis, Alice Loche, Valeria Bonanomi, insieme con Anna D’Hallewin animatrice di eventi per bambini, Jolanda Mason, student coach e ingegnera, Emanuela Lai attrice, Virginia Dal Cortivo, Business Development and Events Manager, Ludovica D’Atri, interprete di lingua dei segni. Hanno dato il loro contributo anche le operatrici del Centro antiviolenza Donna Eleonora di Oristano, assieme ad alcune sopravvissute. Donne di oggi che nella loro vita professionale riflettono l’esigenza di un nuovo linguaggio, di un mondo da ripensare appunto dalla A alla Z con un nuovo “Alfabeto delle ragazze”. A – come Amore “L’amava troppo. Non sopportava di perderla…..l’ ha uccisa”. B – come “Beato chi le capisce le donne…” C – “Chi dice donna dice danno” D – come “Donne e buoi dei paesi tuoi.
D – come “Donna al volante, pericolo costante” E- come “E’ stato un raptus, folle di gelosia l’ ha strangolata”. F – come “Femminuccia, non piangere come una femminuccia. G – come “Guidi bene per essere una donna”.
H – come “Ha il ciclo, ecco perché è nervosa” . I – come “Invisibili e dietro le quinte”, dietro ogni grande uomo c’è sempre una grande donna”, L – come “La Pintus, la Rossi, la Bianchi”: per sminuire basta un articolo . M – come “moglie, madre….e anche ingegnere”. N – come “Non è un mestiere per donne”. O – come “O il lavoro o la famiglia” ma anche “o sei bella o sei intelligente”. P – come “Posso parlare con suo marito?”. Q – come “Questo non si addice ad una donna”. R – come “Resta a casa se non vuoi che ti succedano certe cose”, sottotitolo “Se l’è cercata”. S – come “Signora o signorina?”, rivolto alle esponenti del “sesso debole” . T – come Titoli.
Alle donne si fa sempre lo sconto: non dottoresse, scienziate, austronaute, ma Signora e Signorina e all’occorrenza mamma . U – come “Uomo: essere una donna colta, competente, magari con doti da leader, non basta: per farsi valere servono “gli attributi”.
V- come “Vittime – mai più Vittime di Violenza”. Z – come “Zitella e dunque acida e infelice”.