Tutti qui possiedono un catoio, piccole cantine sotterranee costruite nella roccia, ed è qui che si fa il vino, i dolci con il mosto, come la mostarda e il vino cotto, seguendo alla lettera le antiche ricette tramandate dai nonni, ed è qui che la gente si riunisce attorno a un tavolo per condividere e assaporare il tepore di un piatto e di un bicchiere di rosso di Palizzi, corposo e “incline” all’invecchiamento. Viti, viti dappertutto, fiore all’occhiello di un paesino nel sud più profondo della Calabria.


palizzi

Immerso in una superba natura, il borgo è abbarbicato a una rupe d’arenaria ai piedi dell’imponente castello e affascina subito per il suo centro medievale unico: “palazziate e solarate” di fantasiose soluzioni architettoniche, sottopassaggi, scalette e tetti di tegole ricurve, proprio come quelle che disegnavo da bambina, le uniche che conoscevo, giuste per le mie casette in Canadà, dove il sole splendeva sempre, gli alberi erano in fiore e le rondini volavano alte.

Ma torniamo al vino e alle sue tonalità marcate, da sempre il principe assoluto di Palizzi, inebriante e generoso in tutte le sue varianti. Me ne offrono un bicchiere durante la visita guidata tra le vie del centro storico e i catoi del paese. Lo assaporo con gusto e con aspettativa, molti mi avevano già parlato di queste tonalità e perciò era necessario constatare di persona. Insieme a me un gruppo di tedeschi ha sulle guance la tonalità del rosso rubino; sono felici ma parlano una lingua talmente incomprensibile che non capisco nemmeno una parola. Mi basta osservare i loro occhi che ridono, i movimenti del corpo e la gestualità, per comprendere il loro stato d’animo, o almeno credo.

Decido di seguirli, di accodarmi a loro, sono curiosa perché hanno intenzione di percorrere lo stesso cammino che fece Edward Lear alla fine del 1500, che realizzò un diario di disegni, collezionando panorami e centri storici italiani. Attraversiamo il ponte schiccio e passeggiamo nei vicoli del paese, ogni tanto non posso fare a meno di alzare lo sguardo e osservare il castello sulla rupe, protettore del borgo e dei suoi cittadini. Arriviamo ed è una festa, gli abitanti ci accolgono con entusiasmo, ci sediamo intorno al tavolo ed è subito come essere a casa. Edward Lear in quelle linee del centro storico di Palizzi ci aveva visto lungo, un luogo che resta dentro. Cercherò di tenerla a mente così Palizzi, il vino, la gente.

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