Può un alimento identificarsi così tanto con un territorio? Se, come me, vi recate a Senise la risposta è sì. È qui, infatti, che il peperone si tramuta in elemento di culto e diventa una specialità IGP, marchio di Indicazione Geografica Tipica, nel 1996.

Il peperone di Senise si divide in tre tipi: appuntito, tronco e uncino, e vengono tutti piantati tra febbraio e marzo e raccolti a mano a partire dai primi dieci giorni di agosto. Di colore rosso porpora, corto, piccolo e a forma conica, il peperone di Senise assomiglia al peperoncino, ma ha un sapore dolce con una polpa sottile e povera di acqua che lo rende ottimo per l’essiccazione. Il peperone di Senise può essere mangiato fresco ma la sua preparazione ideale è, appunto, essiccato secondo metodi tradizionali. I peperoni raccolti sono disposti in lunghe collane fatte a mano con lo spago e vengono poi lasciati essiccare sotto il sole. Per completare la disidratazione vengono, infine, passati in forno. I peperoni “cruschi” sono un tipico piatto lucano e, per renderli tali, bisogna immergerli nell’olio bollente e salarli per farli diventare croccanti. Per condire i salumi, in questa parte del Pollino, viene usata una polvere di peperoni cruschi triturati chiamata “zafaràn pisàt”. Un sapore unico che riprodurlo diventa praticamente impossibile.

 

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